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11
aprile 2014
Che suono fa l’architettura? Di questo si parla nel quinto appuntamento con Meeting Architecture, incontri di architettura, a cura di Marina Engel, per la British School at Rome. Questo gruppo di eventi prevede conferenze, mostre studio e performance di alcune delle personalità più interessanti delle arti, Il fil rouge che lega gli appuntamenti è da ricercarsi nell’importanza della natura collaborativa rintracciabile in qualsiasi istanza creativa.
Collaborazione tra artisti di varia natura e architetti, come nel caso di David e Peter Adjaye.
I due fratelli ghanesi, naturalizzati inglesi, in occasione del talk tenutosi al MAXXI si sono raccontati, partendo dalla loro infanzia, e dall’importanza che la musica ha avuto per la loro famiglia, per parlare poi della loro collaborazione, eseguendo dal vivo alcuni brani.
David Adjaye è uno dei più famosi architetti della sua generazione, dopo essersi fatto le ossa in studi internazionali, come quelli di Chipperfield ed Eduardo Souto de Moura, ha fondato e dirige uno studio a suo nome, con il quale ha realizzato costruzioni pubbliche e private, in tutto il mondo.
La collaborazione con il fratello Peter, compositore e musicista, è nata per una sorta di esperimento, senza lunghi briefing precedenti, ma dal dialogo tra architettura e suono. Questa collaborazione spesso è una reazione allo spazio stesso o allo schizzo del progetto, non proviene mai da una riflessione teoretica sul rapporto tra suono e spazio.
Ne è un esempio il Stephen Lawrence Centre di Londra, un centro educativo per commemorare un giovane che fu assassinato in un attacco razzista. La costruzione si trova nella zona sud di Londra, Canary Wharf, circondato da palazzi vittoriani ed architetture contemporanee, vicino ad un ruscello. È composta da due triangoli che si uniscono, e creano uno spazio diviso in sue aree con due fini diversi. In questo caso, come accade spesso nelle opere dell’architetto, si è innescata un’altra collaborazione, con Chris Ofili, di cui David era compagno di College, Qui l’artista britannico ha realizzato il disegno sulle vetrate della facciata, che mettono in comunicazione la natura esterna con l’interno dell’architettura. La potenza dello spazio ed il suo forte senso narrativo, sottolineato dalla scansione degli spazi interni, hanno innescato una spontanea risposta emotiva, totalmente non pianificata, di Peter.
Una composizione nostalgica, che racconta una storia e attraverso il suono aggiunge una nota grave all’esperienza dello spazio.
Spesso però le opere realizzate dal più giovane dei due fratelli, Peter nascono da ragioni molto differenti, anche pratiche, e spesso sono delle vere e proprie esperienze, dei percorsi sonori, project specific, che portano nuova vita alle architetture con cui dialogano.
La convinzione che la musica, o più in generale, il suono, abbia un profondo impatto nel modo in cui vediamo le cose, si è manifestata in maniera differente per i due fratelli. Il musicista viene attivato da tutto ciò che è visuale, mentre l’architetto, compone le sue strutture essendo molto ispirato dalla musica e dai suoni naturali. Forse perché, seppur invisibile, il suono restituisce sempre le dimensioni di uno spazio.
Roberta Pucci
10 maggio 2014
Architecture for music
David e Peter Adjaye
Meeting Architecture
MAXXI,
Via Guido Reni, Roma