causa il grande fermento attorno alla questione e grazie ad un articolo che sul Corriere della sera del 10 luglio pone l’attenzione sul dibattito che si è creato proprio in calce a questo articolo, abbiamo ritenuto opportuno riportare la notizia in prima pagina
La Redazione
E’ stato un atto spavaldo e prepotente quello che, il 31 ottobre del 1937, ha portato alla sistemazione della Stele di Axum al principio della Passeggiata Archeologica, tra il Colosseo, le Terme di Caracalla ed il Circo Massimo, proprio di fronte all’attuale sede della Fao, allora – guarda caso – Ministero delle Colonie.
Il Duce volle festeggiare i quindici anni della Marcia su Roma prendendosi per se un obelisco che, seppur giacente in terra in un brullo altopiano etiopico, simboleggiava le divinità Copte locali. Il monumento doveva diventare emblema del neonato Impero Italiano “dalle Alpi all’Oceano Indiano…”.
La Stele da prelevare fu individuata nella città sacra di Axum dove l’antica civiltà etiope aveva eretto, attorno al III sec. D.C., una serie di strutture simili a chiaro riferimento funerario. L’obelisco condotto a Roma misurava 24 metri di altezza, pesava 160 tonnellate ed era costituito da una roccia silicata simile al granito, la sua pianta era rettangolare e presentava decorazioni di porte e finestre.
In tempo di pace il restaurato imperatore abissino Heilè Selassiè, in visita in Italia, chiese la restituzione dei “Leoni di Giuda” (altra vestigia d’Etiopia condotta in Italia durante il Ventennio e restituita nel 1970) ma decise, anche per evitare un terribile e sicuramente dannoso trasloco, di lasciare l’obelisco in Italia in cambio della costruzione di un ospedale che in effetti venne realizzato tra gli anni ’50 e gli anni ’60.
Durante gli anni della Prima Repubblica la questione rimase a lungo sotto silenzio sia per i molti problemi etiopici in politica interna, sia per la proverbiale reticenza di alcuni amministratori democristiani. I governi Dini e Prodi, negli anni ’90, hanno riposto l’attenzione sulla Stele la cui storia ha avuto svolta nel ’97 quando l’allora Presidente Scalfaro, in visita ad Addis Abeba, firma un accordo di restituzione.
I lavori di restauro e i sopralluoghi per lo smontaggio hanno costretto il monumento sotto delle gabbie di ferro per molti mesi, anche durante l’anno Giubilare. Oggi lo spostamento è pronto e a brevissimo si procederà allo smontaggio la stele.
La polemica, sia che si guardi la questione dal punto di vista della politica che se lo si faccia da quello dell’arte e della cultura, ovviamente non manca. Molti pensano che una restituzione sia corretta e condanni ancora di più i trafugamenti della dittatura fascista cementando i buoni rapporti dell’Italia con l’Etiopia. C’è chi invece fa notare che l’obelisco verrà ricollocato ad Axum, su un altipiano dove infuria una terribile, infinita e crudele guerra civile a causa della quale altre steli del tutto simili a questa sono state distrutte. Non poteva mancare l’intervento del Prof. Sgarbi che qualche tempo fa ha sottolineato come, a proprio avviso, il monumento testimoniava nella capitale d’Italia e del Mondo la grande civiltà del glorioso Impero Abissino.
Alcuni cittadini di Roma sono preoccupati per la perdita di un monumento ormai integrato nel tessuto urbano e posizionato in un punto invidiabile. Lo slargo che domina la Via delle Terme di Caracalla, lo stradone che porta all’arco di Costantino ed al Colosseo di fronte alla maestosa ‘vallata’ del Circo Massimo sovrastata dal Palazzo di Domiziano perderanno una così grande elemento di interesse?
La questione è delicata e, crediamo, necessita un pronunciamento da parte degli attenti lettori di Exibart…
massimiliano tonelli[exibart]
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L'idea è grandiosa. Roma è la capitale del mondo e in questo modo lo affermerebbe ancor piu.
Ho sempre pensato che gli imbecilli possono fare carriera.
E diventare idioti.
Anche in Italia, di certo, non mancano gli esempi.
Ciao, Biz.
Lasciate la stele di Axum dove è!!!!
SE SE NE VA VIA L OBELISCO ALLORA RITORNI IL LOUVRE(DICIAMO MOLTO DI QUELLO CHE CI E' CONSERVATO!!!!)
OBELISCO DI AXUM, IL CASO ARRIVA ALL'UNESCO.
La rappresentante italiana: meglio onorare gli impegni con l’Etiopia.
«La restituzione dell’obelisco di Axum all’Etiopia è un problema politico: e il mio parere è che abbia ragione tutto sommato il ministro per i Beni e le attività culturali, Giuliano Urbani. Cioè che esiste una lunga serie di impegni ufficiali per la riconsegna sottoscritti dall’Italia, da cinquant’anni a oggi, e che questi impegni vadano rispettati». Tullia Carettoni, ex senatore della Sinistra indipendente ed ex vicepresidente dell’assemblea di palazzo Madama, dal 1986 presiede la Commissione nazionale italiana dell’Unesco, sezione dell’agenzia operativa dell’Onu per la cultura e l’educazione. E proprio l’Unesco è stata coinvolta pochi giorni fa nella disputa sulla sorte dell’obelisco di Axum: il governo etiopico l’8 gennaio scorso ha chiesto l’aiuto dell’organismo internazionale per riottenere la stele dal governo italiano.
La vicenda è nota. L’obelisco fu trasportato da Axum a Roma per ordine di Benito Mussolini nel 1937. Già nel 1947 il trattato di pace italo-etiopico prevedeva la sua restituzione al governo di Addis Abeba. Ma dopo più di mezzo secolo e mille rinvii l’obelisco è ancora lì. E in tempi recentissimi si è riaperta una dura polemica tra i favorevoli alla restituzione (intellettuali e molti esponenti dell’Ulivo) e i contrari, capeggiati dal sottosegretario ai Beni culturali Vittorio Sgarbi che si batte nel nome dell’integrità del monumento: «Un atto contrario alle leggi di tutela».
Nel luglio scorso l’allora ministro della Cultura dell’Etiopia, Woldemichael Chemo, ha dichiarato senza mezzi termini al Corriere della Sera riferendosi all’occupazione italiana del suo Paese tra il 1936 e il 1941: «Se l’obelisco di Axum non tornasse nella nostra terra sarebbe una vergogna per il saccheggiatore e un insulto per il saccheggiato. Quella presenza ricorderebbe ancora i misfatti compiuti qui dal regime fascista di Benito Mussolini. Incentiverebbe l’animosità tra i popoli. Minerebbe la nozione di perdono e il desiderio di dimenticare».
La posizione adottata da Sgarbi è ben diversa da quella del ministro titolare Giuliano Urbani che, in un’intervista a Il giornale del 29 dicembre, ha annunciato: «Il governo italiano ha deciso di restituirlo ai proprietari per i quali ha un valore religioso. Con una precisazione: i rischi di sgretolamento della stele vanno assunti dall’Etiopia. Ma lì tornerà. Questa è la differenza tra il ministro e lo storico dell’arte». Frase verosimilmente collegata alla lettera aperta inviata a Berlusconi verso metà dicembre dal premier etiopico Meles Zenawi in cui si sollecitava con fermezza l’applicazione delle intese. Sgarbi ha risposto ad Urbani durante il suo viaggio verso Kabul ipotizzando a caldo le sue dimissioni nel caso di una restituzione. Due giorni fa ha chiarito: «Se il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, che in questo caso coincidono, decidono di restituire la stele lo facciano. Ma contro la mia volontà».
Ed eccoci all’Unesco. Approfittando della visita in Etiopia del direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, il governo etiopico l’8 gennaio scorso ha probabilmente cercato una ribalta internazionale chiedendo formalmente un aiuto per sciogliere il nodo. L’attuale ministro della Cultura, Teshoma Toga, ha annunciato: «La pazienza del popolo etiopico, dopo un’attesa di 55 anni, è ormai al limite. L’Italia deve rispettare senza ulteriori ritardi i suoi impegni. L’Etiopia non ritiene accettabile nulla di meno della restituzione dell’obelisco». Durante il suo viaggio Koichiro Matsuura ha visitato anche Axum dicendo: «Mi è parsa definitivamente non in zona di guerra». Altra frase in qualche modo collegata ancora a Sgarbi che in quelle ore sosteneva a Roma: «Gli etiopi non danno alcuna garanzia per poter custodire la stele in un’area in cui fino a qualche mese fa c’era la guerra».
Adesso pure Tullia Carettoni (che per diciassette anni ha presieduto anche l’Istituto Italo-Africano e che quindi conosce da lungo tempo la complessa vicenda politico-culturale) sollecita il governo a rendere l’obelisco all’Etiopia: «Per quel Paese c’è da cancellare un ricordo legato alla stagione coloniale. Per loro quella stele è un simbolo e come tutti i simboli si carica di significati che vanno ben al di là del semplice valore storico-culturale». E come andrà a finire la richiesta di aiuto presentata dall’Etiopia a Matsuura? «L’Unesco? Credo che sarà molto difficile per il nostro organismo rispondere in un modo o nell’altro: il mondo è pieno di casi simili e non è compito dell’Unesco mettersi ad arbitrare tra i Paesi. Si potrebbero riaprire complessi capitoli come quello che oppone la Grecia alla Gran Bretagna sui fregi del Partenone».
E l’opposizione di Sgarbi? Tullia Carettoni non la condanna, anzi la apprezza molto dal punto di vista scientifico: «Bisogna capire che il sottosegretario viene dall’amministrazione delle Belle arti. Perciò credo che le sue preoccupazioni nascano dalla sua professionalità, dalla sua ansia di assicurare la tutela e la salvaguardia del bene culturale di cui stiamo parlando. Però penso che gli accordi internazionali sottoscritti debbano avere un seguito. E da mezzo secolo, lo ripeto, tutti i nostri governi hanno assicurato il rimpatrio della stele in Etiopia. Tanto vale onorare gli impegni, visto che c’è in gioco un così alto peso simbolico».
Mio padre, allora in Etiopia contribuì a quel trasloco. Ho avuto il piacere e la soddisfazione di indicare quell'obelisco ai miei figli, con orgoglio devo dire.
Ma credo che tanto non possa essere un pretesto per conservare una memoria trafugata ad altri popoli.
Mi pongo solo una domanda: ad Axum sarà veramente al sicuro? Non era stata trovata la stele abbandonata e riversa al suolo?
Arrivo in ritardo, ma tutta la querelle attinente lo stele di Axum mi ha fatto sentire umiliato ancora un altra volta. C'è gente che parla di guerra finita, di fascismo finito e quante altre amenità possibili e immaginabili. La memoria storica per un popolo non va persa. Invece ci siamo scordati delle milioni di baionette fasciste e puntualmente alla caduta del Dux, gli italiani si ritrovarono monarchici e subito dopo furono repubblicani, scordando tutto. Ebbene, si ribadisce a coloro che hanno la memoria corta, l'Italia è stata fascista e lo è tuttora con la sua destra. Solamente che ora si chiama AN e sembra abbia fatto il bagno a Fiuggi, ma non si è scrostata della sua spocchia. Quando era MSI, era una fiera e rivale componente politica da condividere o meno ma era una sintesi politica. Oggi purtroppo è una massa acritica al seguito della più grande contradizione politica, affaristica al potere nel paese. E' vergognoso che ci siano affermazioni tipo: "Criticare il colonialismo è ridicola impresa. Era una necessità storica, dettata dall’innata aspirazione umana a conoscere nuovi territori, dall’esigenza di ampliare i commerci, dalla necessità di individuare nuove fonti di approvvigionamento per l’industria nascente. In altri termini era assolutamente necessario al progresso.
Il colonialismo italiano non deroga da questa logica, con una differenza però, che lo nobilita un poco. Era, almeno nelle intenzioni, un colonialismo di popolamento e non di “rapina” come sogliono dire, oggi, i benpensanti. L’ideale italiano consisteva nel far migrare milioni di diseredati in quegli spazi immensi ove, con laboriosità e ingegno, avrebbero creato benessere per sé e per gli indigeni." E' insultante pensare di entrare a casa d'altri sentirsi padroni e pretendere anche di stare zitti. Chi vuol intendere intenda e finitela con una querelle che non ha senso, si restituisca la stele.
Sono fatta di pietra e non posso difendermi
da chi mi vuole fare a pezzi e portarmi via
dalla mia casa sul Circo Massimo, per rimandarmi nel luogo dove sono stata trovata massacrata e dove una mano misericordiosa
mi ha raccolto e rimesso in piedi portandomi
nella mia adorata Roma.Ho pregato il cielo
di essere colpita da un fulmine,purche'non
mi sradicassero dal mio suolo,ma se il cielo mi ha ascoltato,l'uomo e'rimasto sordo alle
mie suppliche.Eppure ancora non voglio rassegnarmi al mio triste destino.Finche'avro'
voce gridero'la mia disperazione.Se mi senti,
se hai un po' di cuore,aiutami a restare dove
sono.("Perche' me levi da la terra mia?
Ciavressi gnente er barbero coraggio de famme
massacra'..." da Trilussa.)
Che buffonata...Allora richiediamo alla Francia La Gioconda e tutte le nostre opere che riempiono i musei di mezzo mondo! Siamo un popolo che rinnega la sua storia, a differenza degli atri, che non hanno comunque nulla di buono da ricordare.
Poveri noi!!!!!