Dice di essere un artista, Adrian Paci (Shkoder, 1969) e lo ripete, mentre si consuma la pantomima di un interrogatorio: lâaltro protagonista è il poliziotto che continuerĂ a fare tutte le domande come richiede la prassi, ovviamente procedendo senza ascoltare; si parte da un equivoco â alcune foto che creano il sospetto di abuso su minore â ma lâincomprensione si protrae per tutta la durata del video, coerente nella sua assurditĂ , una sorta di posizione fissa come è fissa lâinquadratura, che sarĂ sempre dallâalto (quasi la scena fosse stata rubata dal flusso di immagini di una telecamera a circuito chiuso), che schiaccia la scrivania e deforma vagamente il pavimento a mattonelle. E anche quando il nodo sembra essersi sciolto, la conclusione è amara: alla fine credo di aver convinto il poliziotto che
Believe me, Iâm an artist, (2000) â ispirato ad una vicenda realmente accaduta allo stesso Paci â fa parte della rassegna Video Lounge (presso la Fondazione Adriano Olivetti, a cura di Maria Rosa Sossai): dodici artisti delle ultime generazioni per due appuntamenti; la prima inaugurazione â ed i primi sei video â lo scorso 15 marzo, quindi il passaggio del testimone il 22, gli ultimi video della selezione proposta saranno visibili fino al 29. Accanto ai monitor ed alle immagini in movimento proiettate sulle pareti, una documentazione di cataloghi, monografie, riviste, disponibile per una consultazione immediata, perchè â come spiega la curatrice dellâevento â Video Lounge non pretende di essere una ricognizione esaustiva della scena attuale, ma intende soprattutto rispondere allâinteresse delle giovani generazioni nei confronti di questo linguaggio: una grammatica compositiva differente nellâesperienza di ognuno che può essere constatata, confrontata, approfondita.
Sâintravedeva dalla strada, attraverso la parete vetrata che apre la project room su Corso Rinascimento, il video di Marzia Migliora (Alessandria, 1972), proposto durante la prima settimana: 59 passi (2001) in punta di piedi nonostante il pavimento sia ricoperto interamente di biglie rosse, contati e ricominciati appena le piante toccano terra â errore da non commettere, nelle regole non scritte del gioco â mentre unâaltra voce racconta storie di solitudini e casi clinici. Adesso la vetrina è oscurata e allâinterno della sala câè il racconto di sè di Annika Strom (Helsingborg, 1964): un autoritratto fatto di voce e situazioni quotidiane, ironico, che ha tratti lascia trapelare i toni agrodolci dellâincertezza. (Six Song for a Time Like This,2001).
Tante declinazioni per le tematiche del disagio, della difficoltĂ sotterranea che sâinsinua nel semplice relazionarsi con gli altri e che sembra persistere nei rapporti affettivi, magari radicata in profonditĂ
E ancora: la creatura coperta di fango di Ann-Sofi Sidèn (Stoccolma, 1962; il video è A queen of Mud Trailer. The Clocktower 1995), lâincontro di un pescatore con un oggetto misteriosamente animato e un poÂĄÂŻ menefreghista, nel video di Simone Berti (Adria, 1966) 1 gnocco di terra x V2 (2002), il muro â barriera per antonomasia â distrutto a colpi di martello in Hammering Out (1998) di Monica Bonvicini. Eâ un letto viaggiante la nuova casa di Ene-Liis Semper (Tallin, 1969): sotto le coperte, stringendo tra le mani un topolino, percorrerĂ distese di campi grano dorate. Finchè la luce si affievolisce. (Into New Home, 2000).
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maria cristina bastante
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i video ma che bella trovata, davvero geniale.....
complimenti a coloro i quali sono davvero convinti che questa sia arte...
BASTA BASTA BASTA non se ne puo' piu'.