A distanza di più di cento anni, ancora le ukiyo-e hanno il potere di generare in noi gli stessi sentimenti di meraviglia e commozione che Vincent (Van Gogh) condivideva entusiasta nelle lettere al fratello Theo o all’amico e collega Bernard. Occasione imperdibile per poter osservare assieme un numero insolitamente elevato di stampe, e non solo, del maestro giapponese Utagawa Hiroshige, la mostra, a cura di Rossella Menegazzo, è divisa in sezioni tematiche: le vedute – tra l’altro sono presentate tutte e cinquantatre le stazioni di posta del Tōkaidō (edizione Hōeidō), la famosa strada che portava da Edo a Kyoto –, i mirabilia di Edo, le composizioni di fiori e animali, le parodie, e persino alcuni dipinti di paesaggio.
È facilissimo perdersi – lo era per Van Gogh, figuriamoci per noi – nei mille dettagli osservati e resi da Hiroshige: miriadi di figurine indaffaratissime, oggetti, accessori, kimono, elementi architettonici, tutto registrato con un freschissimo gusto aneddotico. Ancora più facile farsi ammaliare da quel sentimento della natura così puro e lirico, scandito secondo certi ritmi atmosferici (quanta varietà di modi per evocare la pioggia o la nebbia!) e stagionali tanto rilevanti per la sensibilità giapponese.
Una impressione che non lascia mai lo spettatore, poi, è la sensazione di trovarsi di fronte a un approccio alla visione molto concettuale, a volte persino giocoso, totalmente alieno agli interessi della ricerca artistica occidentale coeva.
Facile imbattersi, per esempio, in aquiloni che sembrano scavalcare i confini della superficie della stampa, svelando la natura illusoria della rappresentazione (Stazione 28 del Tōkaidō, Kakegawa, Akibayama Enbō, 1833), oppure nello stratagemma della stampa dentro la stampa – adottato anche da Kuniyoshi – per cui la veduta che si vuole rappresentare appare come stampa dietro al ritratto di una donna (si vedano le stazioni del Tōkaidō nella edizione del 1849-53). C’è persino un’imitazione delle venature del legno su un cartiglio nella xilografia che raffigura l’Imperatore Kōkō. E ancora più sorprendenti sono le Cento vedute di luoghi celebri di Edo, in cui la veduta principale sembra quasi scivolare in secondo piano, lasciando protagonisti della scena particolari anonimi estremamente ingranditi, quasi dei close up ante litteram – come una ruota di carro, zoccoli di cavalli, degli iris, o una veranda vuota in cui si indovina fuori dall’ “inquadratura” la presenza di un personaggio.
E chissà che avrebbero pensato un Constantin Guys o un Baudelaire dell’attenzione di Hiroshige alla vie moderne, alla contemporaneità cittadina, resa nella minuziosa descrizione degli abiti all’ultima moda – persino il principe Genji viene per gioco abbigliato nello stile del tardo periodo Edo – o in stralci di vita quotidiana della capitale (come una vista sull’affollatissimo teatro Kawarazaki di Tokyo), che avrebbero fatto invidia al più raffinato flaneur parigino.
Mario Finazzi
Dal 28 febbraio al 29 luglio 2018
Hiroshige. Visioni dal Giappone.
Scuderie Del Quirinale
Via XXIV Maggio 16 (00187)
Info: info@scuderiequirinale.it, www.scuderiequirinale.it