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Uno spaccato dell’Italia del dopoguerra. Fotografie scattate tra le macerie. Ritratti in bianco e nero di gente comune che cammina per strada o quelli per sempre impressi nella nostra memoria collettiva delle truppe alleate che vengono accolte dalla folla che acclama. Un prete che parla su un marciapiede attorniato da ragazzi che lo ascoltano. Una coppia che cammina stringendo tra le mani un pane: indossano il vestito buono della domenica e hanno appena ritirato la loro razione di pane. Siamo a Cefalù il 26 luglio 1943, e la città è stata liberata. Scene di un’Italia che ricorda i film neorealisti.
È la vita che Robert Capa (1913-1954), testimone d’eccezione durante la seconda guerra mondiale, ci racconta ancora oggi, a settant’anni esatti dallo sbarco degli Alleati in Italia e cent’anni dopo la nascita del celebre fotogiornalista. Robert Capa è un nome che è diventato un mito nella storia della fotografia. Da ragazzo sognava di fare lo scrittore ed attraverso le sue fotografie ci ha narrato la realtà come la vedeva lui. Una realtà difficile, di gente che soffre a causa della guerra.
Ungherese ed ebreo di nascita (il suo vero nome era Endre Ernö Friedmann), esiliato dall’Ungheria nel 1931, iniziò la sua attività di fotografo a Berlino, diventando famoso per i suoi scatti durante la guerra civile spagnola del 1936-1939. Ha vissuto la sua breve vita in modo passionale e avventuroso, non arretrando mai davanti al pericolo, sempre presente nelle zone calde del mondo. Seguendo e documentando i maggiori conflitti mondiali: la guerra civile spagnola, il conflitto sino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana del ’48 e la prima guerra d’Indocina dove trovò la morte nel 1954, a soli quarantuno anni, saltando su una mina anti-uomo.
Una selezione di 79 fotografie scattate in Italia sono in mostra a palazzo Braschi a Roma dal 3 ottobre fino al 6 gennaio 2014, nell’ambito della mostra: “Robert Capa in Italia 1943-1944” (a cura di Beatrix Lengyel). Ci parlano di un fotoreporter i cui lavori hanno documentato la storia del XX secolo e che ha creato insieme a gente del calibro di Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert, l’agenzia fotografica indipendente Magnum Photos, considerata una delle più importanti del mondo. Del suo lavoro, aveva l’abitudine di dire, semplificando un po’, che: «se le tue fotografie non sono all’altezza, non eri abbastanza vicino», alludendo alla necessità di stare nel luogo stesso in cui avviene l’azione.
Molte delle didascalie della mostra sono passaggi presi dall’autobiografia di Robert Capa, pubblicata per la prima volta nel 1947 ed intitolata Leggermente fuori fuoco che narra in uno stile talvolta scherzoso e ironico le sue avventure in viaggio, gli incontri, l’atmosfera di quegli anni cruciali: l’Europa, l’Africa, la campagna d’Italia, lo sbarco in Normandia, la liberazione della Francia. La prefazione è di Andrea Camilleri che ricorda il suo strano incontro con quel fotografo americano che gli disse di chiamarsi Robert Capa e che conobbe tanti anni fa ad Agrigento, vicino al tempio della Concordia, durante una sparatoria aerea tra un aereo tedesco e uno americano.
Consuelo Valenzuela
Mostra visitata il 03 ottobre 2013
Dal 03 ottobre 2013 al 06 gennaio 2014
Robert Capa in Ialia 1943-1944
Museo di Roma, Palazzo Braschi
Piazza San Pantaleo, 10
Orario: dal martedì alla domenica ore ore 10.00 – 20.00.
Info: www.museodiroma.it