Non sappiamo se Benedikt Hipp, nel progettare l’esposizione in corso da Monitor, abbia pensato a Consul The Educated Monkey, la scimmietta di cartone capace di fare le moltiplicazioni, con cui i bambini americani imparavano le tabelline circa un secolo fa. Ma sappiamo sicuramente che l’uomo per Hipp sembra non avere nulla di scientifico e matematico.
Guardando le tavole che costituiscono il nucleo principale della mostra – tavole perché si tratta proprio di legno MDF – si ha l’impressione di guardare dei ritratti a busto, anche quando questo accostamento, alla luce della ragione, può apparire bizzarro e paradossale: il più delle volte, infatti, ci troviamo davanti forme amorfe, costruite affiancando caleidoscopicamente diversi pattern, decorativi e astratti, o naturalistici e mimetici di materiali biologici come piume o pellicce, e talvolta frammenti di volto.
Queste forme – che a volte richiamano gli ammassi biomorfi di Arp, a volte certi volti costretti da elementi protesici alla Schinwald – occupano lo spazio secondo modi e proporzioni analoghi ai busti della ritrattistica classica. È inutile negare la volontà di rifarsi al passato – dichiarata spudoratamente nella più voluminosa, barocca, opera in mostra Octagon surrounded by white smokers – come è inevitabile il confronto con l’immaginario surrealista, richiamato sia nell’incontro inaspettato di elementi figurativi tra loro solitamente estranei (l’uomo-pappagallo, gli occhi sovrapposti a un fondo astratto, etc.), sia nelle occasionali fantasie meccanico-organiche del Duchamp del Grande Vetro (sviluppate maggiormente nella sua ultima serie, non presente in mostra, Geologische Organ), sia nei già accennati biomorfismi liquidi.
L’unica scultura esposta, Console with pin-body mounted on repetition (pneumopathological studies), è anch’essa una parvenza di busto scaturita da chissà quale iperuranio impazzito, e svela nel titolo un riferimento al filosofo tedesco Eric Voegelin, il cui pensiero, da cui Hipp è rimasto stregato negli ultimi tempi, ha al centro l’uomo e la rilettura della sua posizione tra spiritualità e materialismo. Quindi l’uomo è solo una scimmia educata, o c’è dell’altro?
Di certo uno dei punti di forza del successo di Hipp è l’appeal così oscuro, evasivo e misterioso – e un tantino ruffiano, diciamolo – che permea le sue opere: peccato però non poter vedere le sue ultime incursioni nel campo dell’installazione, che sembrerebbero dare al suo percorso artistico un nuovo respiro.
Mario Finazzi
mostra visitata il 20 ottobre
Dal 16 settembre al 7 novembre 2015
Benedikt Hipp, The Educated Monkey
Monitor
Via Sforza Cesarini, 43/44 – 00186 Roma
Orari: martedì – sabato 13.00-19.00