Le contaminazioni – temporali, spaziali, stilistiche e di contenuti – sono il filo conduttore per una mostra che si presenta come un confronto tra diverse generazioni d’artisti. Un faccia a faccia mai gridato o stridente.
Giovanni Anselmo, Francesco Gennari e Marisa Merz sono entrati a Palazzo Falconieri come ospiti discreti, lasciando un segno che aprisse un dialogo con lo spazio che li ha accolti.
Nelle sale di Francesco Borromini – chiamato da Orazio Falconieri ad ampliare e decorare il suo palazzo – lì dove lo sguardo si volge in alto ad ammirare gli stucchi e a cercare di interpretarne i simboli, gli interventi dei contemporanei ci rimandano al suolo, spostano il punto di vista dello spettatore e focalizzano la sua attenzione su dettagli solitamente trascurati.
Fa così Giovanni Anselmo, che – con la bussola tra la terra e le particolari proiezioni di luce – propone il suo delicato equilibrio tra forze ( Mentre la luce focalizza la terra si orienta), in una sala in cui gli stucchi del soffitto traducono in decorazione l’idea borrominiana dello spazio.
Nella seconda sala, in cui il simbolismo dell’architetto barocco si fa più evidente, Francesco Gennari presenta due opere anch’esse dal forte sapore simbolico. Sono la foto di una grande e ben decorata torta Mausoleo per un verme ed il suo Autoritratto metafisicamente ambiguo, un blocco scultoreo compatto ed oscuro nei toni e nella lettura del segno geometrico, frutto di un’interpretazione matematica del suo volto. Che cela un interno in parte segreto, fatto – tra l’altro – di cacao, cemento, bignè alla crema e polistirolo.
A fare da contraltare è la levità poetica di Marisa Merz che, col suo autoritratto appoggiato come una foto-ricordo sul camino di casa, è presenza delicatissima e testimonianza pittorico-scultorea del suo costante interesse per la dimensione intima e familiare.
La storia dei Falconieri, di Borromini e dell’odierna mostra/passeggiata, si conclude alla fine di Via Giulia, nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini.
La Cripta sotto l’altare maggiore vive della luce di Centaurus, la galassia – ellittica, come la pianta dell’architettura ospitante – di Grazia Toderi.
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