La concezione della mostra si deve in toto allo stesso Giulio Paolini (Genova, 1940). Che ha realizzato espressamente per questa circostanza l’opera che dà il titolo all’esposizione (Carte segrete, 2004) e pensato l’allestimento degli altri lavori nelle stanze della galleria romana secondo un “percorso tematico, ma aperto ed esteso”.
Il che equivale a dire che nulla è lasciato al caso e che la percezione delle opere da parte del pubblico è condotta strategicamente dall’artista, attraverso l’imposizione di un “senso della visita” (sia in quanto direzione, sia in quanto significato), preciso e studiato come in una partita a scacchi.
Cinque opere nella prima sala, quattro nella seconda, tre nella terza e una nella quarta: un curioso gioco aritmetico, una geometria della visione sembrano essere alla base di questo allestimento. E tale impressione è ulteriormente rafforzata dalla natura delle opere in mostra. Realizzate nell’arco di un decennio, esse sono accomunate dalla ricerca sulla misura dello spazio, sulla proporzione, sulla prospettiva, sulla geometrica armonia del mondo. La lucida regolarità dei cubi e parallelepipedi di plexiglas, la precisa proporzionalità dei plastici architettonici, trovano il loro corrispettivo bidimensionale nelle piante, nei giochi prospettici, nelle squadrature e nelle diagonali tracciate su telai appoggiati al muro. Sono esercizi euclidei di ordinamento del mondo all’interno di principi geometrici, ispirati dallo “spirito apollineo” che conferisce la fiducia nella razionalità e nella sua forza di comprensività del reale. E, in ultima istanza, che consegna Le chiavi del museo (titolo di una delle opere in mostra, realizzata quest’anno), ossia la sicurezza nella capacità delle arti plastiche, fondate su tali principi ordinativi, di rappresentare la complessità delle cose.
Ma Paolini va oltre: l’ordine non basta per contenere il mondo, che è sempre eccessivo, nel senso etimologico dell’eccedere i limiti imposti (Off Limits, 1999-2003), governato com’è dalla forza dionisiaca, entropica di ciò che non può essere compreso entro punti di vista o orizzonti definiti.
Carte stracciate con scritto Il nome proprio dell’artista (1986-2004), frammenti di fotografie (Identikit, 2003), oggetti confusamente montati con altri (Requiem, 2003-2004), fanno da contrappunto stridente al lato ordinato e rigoroso presente nelle stesse opere.
La coerenza, l’omogeneità, la razionalità del principio apollineo, vengono combinati con il disordine, il caos, il tragico (nel senso nietzschano del termine): la stessa dualità che è all’origine del mondo e che governa la migliore creazione artistica. Contraddizione che è generatrice di vita e di bellezza.
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