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Fino al 10.IV.2018 | Vettor Pisani. Il cibo interpretato | Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, Roma

di - 6 Marzo 2018
Sin dalle sue prime opere, dal suo affacciarsi sulla balaustra dell’arte, Vettor Pisani ci ha condotti a una delle origini mitiche dell’arte che appartiene all’ordine del nutrimento, della frantumazione, dello sbriciolamento, del mescolamento, della liquefazione. La presenza di sostanze quali la carne macinata di Marcel Duchamp (1970), il cioccolato delle Veneri (1970), il latte dell’Opera di Pasticceria Cosmica (1985) o l’uovo (presente in vari lavori) è infatti utile all’artista per rompere il codice alimentare con sarcasmo e tragicità fino a creare un necessario “pastiche” di forme.
Circa quaranta opere realizzate dal 1958 al 2011 disegnano ora, al Museo Carlo Bilotti (Aranciera di Villa Borghese), l’itinerario di un lavoro intellettuale legato appunto al nutrimento, al cibo, alle dinamiche d’una chilificazione linguistica che è prima di tutto assaporamento visivo e poi combinazione di gusti, mescolanza di atmosfere, scelta flagrante e  fragrante, accordo di saperi e sapori diversi.
Curata da Mimma Pisani, e organizzata con il supporto dell’Archivio Vettor Pisani (sì, finalmente abbiamo un Archivio dedicato a Vettor Pisani e ci auguriamo che a breve avvii la catalogazione dell’opera), la brillante esposizione – il titolo è, per essere esatti, “Vettor Pisani. Il cibo interpretato” – trasporta in una geografia alimentare che è costellazione allegorica, territorio simbolico, etimologicamente simbolico (συμ-βάλλω,ovvero insieme-metto), che spinge oltre i brani del dicibile e avvicina alla vertigine del tutto-d’un-fiato.
Vettor Pisani. Il cibo interpretato, vista della mostra
«Le opere qui esposte», avvisa Mimma Pisani in un testo introduttivo licenziato il 4 gennaio, «confermano le suggestioni simboliche e l’humour corrosivo che Vettor Pisani ha dedicato agli aspetti del cibo sin dagli esordi con la coraggiosa esposizione del 1970 a Roma, dove il busto della Venere di Milo, canone di perfezione e bellezza, fu ricoperto da uno strato di cioccolato e contrapposto a un sacchetto di plastica contenente della vera carne macinata portata a naturale putrefazione durante la mostra».
Se all’ingresso ad accogliere lo spettatore è il Manichino con aringhe (2012) assieme alla Casa di Khnopff con aringhe (2001) e a una serie di altri lavori effervescenti, otto sculture su piedistallo, nel salone del Ninfeo, formano un intelligente tragitto iniziatico (durante il vernissage è stata organizzata la performance Orazione con Gaia Riposati) che riconduce all’esaltazione del godimento e ai principi “erotici” della digestione. Tra le sale 1 e 2 è possibile “gustare”, poi, tutta una serie di opere – tra queste ci sono la Santa Teresa del Frigorifero (2004) preceduta da Curva Pacifica, un disegno a matita del 1958 davvero eccezionale (di tutte le opere in mostra è “les plus anciennes”), e seguita da MiaoSfinge. Gustosi bocconcini di pesce per sfingi e giocatori di scacchi (1992) – che ridisegnano un mondo irrequieto, erotico ed esotico, sensuale, satirico e passionale, necessariamente onirico e provocatorio, chimico, comico, alchemico. Il mondo di un uomo, e Mimma Pisani lo aveva già notato in uno scritto dedicato all’Opera di pasticceria (luglio 1997),  che trasforma il nutrimento in altalena creativa e critica, che converte lo sguardo in visione, in epifania, in rivelazione, in apparizione di esseri, di cose, di forme lontane o vicine nel tempo.
Antonello Tolve
Mostra visitata il 10 febbraio
Dal 10 febbraio al 2 aprile 2018
Vettor Pisani. Il cibo interpretato
Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, Roma
Orari: da martedì a venerdì e festivi ore 10.00 – 16.00, Sabato e domenica ore 10.00 – 19.00
Info: 060608, www.museocarlobilotti.it
@https://twitter.com/antonellotolve?lang=it

Nato a Melfi nel 1977, è critico d’arte e curatore indipendente, e docente presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata. Ha conseguito il Ph.D all’Università di Salerno ed è stato visiting professor in diverse università. Tra i suoi libri ABOrigine (2012), Esposizione dell’esposizione (2013), Ubiquità (2013) e La linea socratica dell’arte contemporanea (2016).

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