Strana coincidenza quella che vede la mostra di Simone Racheli (Firenze, 1966, vive e lavora a Roma) inaugurare lo stesso giorno dell’inizio della guerra. Fa un certo effetto passare dalle immagini televisive delle operazioni militari in Medio Oriente, al Check point del giovane scultore toscano.
Fin dall’ingresso in galleria, però, una rete fatta di ritagli di frasi riconduce ad una differente realtà, ad un controllo diverso, quello delle regole sociali e comportamentali che ci costringono limitando in qualche modo la piena libertà individuale.
Si tratta di prescrizioni, regole (da non calpestare le aiuole al classico stai composto a tavola…) della cosiddetta buona educazione, che s’impongono come una sorta di sorveglianza sociale.
Ed è su questo tipo di controllo che punta l’attenzione l’artista, mutuando le immagini del check point militare, ed evidenziandolo nella sua forma spesso sotterranea.
Ma la sua denuncia non si risolve in una dura critica, piuttosto assume i caratteri di una sottile e sardonica messa in scena, che vede un soldato in mimetica griffatissima scattare sull’attenti ad ogni passaggio del visitatore, rompendo l’inevitabile stato di tensione – la stessa trasmessa dall’iperrealista scultura del kamikaze, raccolto in disperata riflessione nel momento prima di farsi esplodere – con l’ironia tipica di tutta la sua produzione.
E allora le torrette di guardia si colorano delle copertine di riviste e giornali, dichiarando il controllo esercitato dai media e la divisa militare su cui sono cuciti i moltissimi marchi della moda trasforma
Con quest’ultimo lavoro Racheli conferma il sarcasmo e lo spirito dissacratorio già espresso nelle opere precedenti, da Cleaners (1999) a Infortunio tenue (2002). Sempre in bilico tra lo spiazzante ed il divertente.
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già, proprio strana!
strana coincidenza, peccato che non l' hanno invitato alla bbbiennale.......