Facile inquadrare Gabriele De Santis (Roma, 1983) come uno che o si ama o si odia. Per lui – ma il discorso può valere per altrettanti artisti del suo calibro – funziona il risultato di una somma facile facile, nonché molto qualunquista: dei suoi lavori non capisco il significato (difatti non immediato), ergo non hanno un significato, ergo passiamo oltre. Punto. Entrare nella sede romana di Frutta, invece, coincide col diventare parte di un gioco-percorso non facile in cui si riconoscono precisi simboli, si comprendono in quanto universali, ma non si capisce mai fino in fondo come e perché la sensazione in ballo sia quella del “vale tutto”, che mischia il concretamente banale dei mezzi con quella goccia di teorica poeticità accuratamente distillata.
Parentesi tonda, graffa, cancelletto e anche un meno comune punto “esclarrogativo”. Ecco l’elenco di quei simboli che sono elementi sostanziali per De Santis, esposti come un libero algoritmo inneggiante ai social network, all’uso delle emoticon (con tanto di occhietti ammiccanti e bocche sorridenti) o ad una comunicazione testuale condensata al netto della parola, svincolata perciò da qualsiasi lingua e assolutamente valida in senso collettivo.
Nell’insieme la mostra è un piccolo miracolo di rarefazione totale, fatto sorprendente dal momento in cui tutto è basato sulla gestione di materiali importanti e colori decisamente vividi che con atmosfere rarefatte hanno ben poco in comune. Anche il sonoro in sottofondo dice la sua, ma il pieno potere ce l’hanno solo le corpose e distintive superfici in marmo verniciate il giusto o le tele dipinte con nuance cool, quest’ultime predisposte di rotelle per trasformarsi in grandi skateboard “a muro” che esaltano con leggerezza di pensiero la natura mobile della tela stessa, oltre a metterla in perfetta empatia con la scioltezza dei segni tipografici (ad esempio parentesi tonda o cancelletto) su di essa applicati come pattern fluttuanti. E l’eventualità che questi stessi segni siano realizzati con uno scuro e poco carezzevole antiscivolo per gradini non fa che aggravare l’accanita posizione concettuale dell’artista romano, traducendo in concretezza l’incolmabile divario tra materiale nero ruvido e sfavillio colour-glam.
Difficile in effetti che l’occhio non venga attratto dalla brillantezza dalla palette cromatica, pop in quanto spiccatamente ricalcata sulle tonalità sgargianti in voga tra i più famosi produttori di smartphone. Pillola di fashion-tecnology che contribuisce a creare l’ecosistema ideale per due zainetti potenzialmente usciti da un’animazione stop-motion, protagonisti post-umani (impagabile il loro romantico contatto-abbraccio) che solitari s’inerpicano in questo percorso vitale, virtuale ed emotivo.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 12 marzo 2014
Dal 10 marzo al 3 maggio 2014
Gabriele De Santis – Dear Michael
Frutta Gallery
Via Giovanni Pascoli 21 – (00184) Roma
Orari: da martedì a sabato, ore 13 – 19