È la famiglia la causa delle inquietudini esistenziali dell’individuo. Forse non tutti ne sono consapevoli come lo è
Loredana Longo (Catania, 1967). “
Non perché il rapporto con la mia famiglia sia negativo, ma perché in ogni famiglia ci sono sempre attriti e momenti di tensione”, spiega l’artista.
In
Cover, il nuovo lavoro realizzato per la Traghetto, il concetto è esplicito. Qui la distruzione è totale, non come negli episodi di
Explosion (2006-2007), dove a esser presi di mira erano il matrimonio, il Natale, l’amicizia, e dove fare tabula rasa implicava anche ricostruire.
L’artista e designer si è occupata personalmente -come sempre, vista la sua passione per il vintage- di recuperare in giro per rigattieri tutti i pezzi della scenografia: mobili, vestiti e ninnoli vari, ricreando un’atmosfera domestica di sapore vagamente retrò. Tavolo tondo con tovaglia stampata a motivi floreali, tappeto, lampadario di cristallo, vaso con le rose.
Non poteva mancare la tazza da tè, come nei primi lavori esplosivi. “
La tavola è una costante, perché penso che sia il momento catalizzatore della famiglia. Qui la scena è molto semplice ma deliziosa, curata in ogni particolare, a partire dal color pesca. Dà l’idea di pulito, di una casa fresca. Il tipo di arredo delle abitazioni perbene degli anni ’50 che abbiamo visto nei film americani. La casa della famiglia perfetta, dove però ci sono solo io e nessun altro”.
Fin qui tutto liscio. Ma può una persona che ama mettere in circolo l’adrenalina maneggiando con disinvoltura la polvere da sparo e amando citare tra i suoi mentori
Rebecca Horn e
Mona Hatoum (ma anche
Flavio Favelli) rinunciare all’effetto sorpresa? Tornata dopo lungo tempo anche in veste di performer, Longo si aggira per la scena a piedi nudi, ricoprendo ogni oggetto, incluso il proprio corpo, con un raffinato tessuto elastico nero, “
come quando prima di partire si coprono i mobili con il tessuto bianco per non farli impolverare. Qui, al contrario, ho usato il nero con un significato luttuoso per far annullare di colpo la scena. Non si capisce più che si tratta di sedie, di un tavolo… la stoffa aderisce in maniera compatta agli oggetti, come se fosse una glassa nera.”.
Senza neanche uno spiraglio all’altezza degli occhi che le consenta di vedere la messinscena a cui sta prendendo parte, l’artista aziona un meccanismo che fa crollare il lampadario e contemporaneamente il tavolo e le sedie. A rimanere intatta è solo lei. La performance viene ripresa in video, poi proiettato accanto all’installazione.
Ancora una volta la poetica dell’“estetica della distruzione” di Longo trova nutrimento nel disincanto provato nell’osservare l’apparenza -“
visioni grottesche degli ambienti familiari in cui tutto sembra perfetto, ma per l’appunto non lo è”- dove vibra la non casualità dell’imprevisto.
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bella scelta di galleria.complimenti.
Coerente e forte, complimenti sinceri.
caduta in basso è?