Può la rigida struttura temporale di un’esposizione essere modificata? È il quesito che accompagna e guida il progetto espositivo in cui Alessandro Roma (Milano, 1977) ha selezionato e chiamato artisti e opere dalle attinenze e punti d’incontro con la propria ricerca a dialogare con alcuni suoi lavori della precedente esposizione. Una sorta di proseguimento e prolungamento del recente solo show dell’artista ospitato nei medesimi spazi, ora evolutosi in un confronto più ampio sul tema del paesaggio e dell’elemento naturale. A introdurre alla prima sala, tinta di giallo perché tale voluta dallo stesso artista per lo scorso progetto, è una dichiarazione di Marina Dacci. Qui tre opere dell’artista appartenenti alla serie Drawing# (2015) si rapportano con alcune fotografie di Marco Strappato (Porto San Giorgio, FM, 1982), paesaggi sui quali l’artista è intervenuto attraverso schizzi di bombolette spray. Nella stanza inoltre un bonsai di olivo, lampante esempio del controllo dell’uomo sulla natura, e una matrice in linoleum dello stesso Roma utilizzata per la stampa dei tessuti in seta della sezione seguente, altro elemento derivante dalla precedente esposizione.
L’intero progetto ruota e ragiona attorno al colloquio tra organico e inorganico, sul paesaggio e la dimensione naturale, temi prepotenti nella ricerca artistica e nel lavoro di Alessandro Roma, evidenti nei lavori in terracotta esposti – e non solo – ma anche nella scultura in radica della serie Primitivo# (2014) di Andrea Sala (Como, 1976). A concorrere all’idea della mostra non sono solo artisti viventi e opere recenti, ma anche Savinio con l’opera Les graces insulaires (1929), e manufatti quali una scultura in vetro di Murano dalla forma organica, un antico vaso medicinale per infusi farmaceutici dipinto a mano e due tappeti in fantasia floreale, esempio di fibra naturale sapientemente lavorata dalle mani dell’uomo. L’esposizione è corredata dall’Impermanenza mesmerica della coscienza inverted (2012) di Giovanni Kronenberg (Milano, 1974), prova di conio monetario del 1922 posto a cesura tra la seconda e la terza sala, e un light box di Paolo Belletti (Dolo, VE, 1982), la cui ricerca spesso verte sull’analisi di figure umane colte in contesti e situazioni naturali. Un simposio di lavori e manufatti afferenti a pratiche estetiche e ricerche intellettuali variegate, per l’occasione chiamati a interloquire nell’intimità di un ambiente creato ad hoc da Alessandro Roma.
Eleonora Scoccia
mostra visitata il 24 maggio
Dal 19 maggio al 10 giugno 2016
In The Stillness of The Landscape Room
Z2O Sara Zanin Gallery
Via della Vetrina, 21 – (00186) Roma
Ingresso libero
Orari: Da martedì a sabato 11-19 o su appuntamento