Storico e contemporaneo, bianco e nero a confronto, negli spazi della romana Galleria La Nuvola, a pochi passi da Piazza del Popolo, a pochi passi dalla storia, si potrebbe dire, dato il salto temporale che viene contemplato e risolto all’interno di questa collettiva.
Una rassegna che riunisce artisti ormai pienamente innalzati agli onori museali come
Mario Ceroli,
Franco Angeli,
Carla Accardi e
Fabio Mauri – alcuni già ospitati qui in mostre personali, secondo un gusto orientato alla ricerca sugli anni ’60 e sulla Scuola di Piazza del Popolo – e che dividono ambienti e lodi con altrettanti artisti più che contemporanei, come
Alessandro Cannistrà e
Giosetta Fioroni e, nel caso di
dan.rec, esordienti quasi assoluti.
Tante opere, davvero tante,
e così diverse tra loro che avrebbero potuto restituire un senso d’inevitabile “pastiche” o, peggio, suggerire un fine meramente pubblicitario per gli artisti più giovani, che avrebbero ottenuto attenzione grazie al maggior richiamo degli “storici”. Invece il pericolo è superato, perché dietro al bianco-nero, al nero-bianco, al bianco o al nero, c’è molta sostanza e un progetto concreto, che porta a individuare più di un collegamento, ad esempio, tra i lavori di
Renato Mambor ed
Emilio Leofreddi, di cui la galleria sta anche preparando una personale. Le opere sembrano specchiarsi le une nelle altre e acquistare maggior significato proprio grazie al confronto.
Inoltre, una mostra del genere permette di camminare metaforicamente dentro un libro di storia dell’arte e di continuare a porsi le universali domande sul viaggio percorso dalle arti figurative (tutte italiane, in questo caso) e sulle prospettive future.
Una mostra per fare il punto, una mostra a tema, una mostra per fare confronti? Piuttosto si tratta, secondo le parole di Maurizio Calvesi, autore di un testo in catalogo, di “
una accesa discussione. Al di là della contesa tra il bianco e il nero, si accende quella tra la figurazione e il segno, tra il pensoso concetto e l’ironia”.
I seguaci dell’uno e dell’altro partito usano così i materiali più disparati, dalla microfibra e vetro di
Ivan Barlafante alla resina di
Giusy Lauriola, passando per la stampa digitale di
Pamela Cento. In un contronto che si estende ai media.