16 luglio 2003

fino al 10.X.2003 Jonas Dahlberg Roma, Magazzino d’Arte Moderna

 
Lente, malinconiche carrellate lungo spazi architettonici deserti. Indagini sulla sorveglianza sociale e sulla sicurezza di spazi pubblici e privati. L’artista svedese, dopo l’ottima prestazione in Biennale, sbarca a Roma. Con alcune delle sue opere migliori…

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La telecamera scorre lenta e costante su un binario orizzontale, riprendendo stanze vuote in infinita successione. L’oscurità degli ambienti è interrotta di tanto in tanto dai rettangoli luminosi di qualche porta lasciata aperta. Il video Untitled (Horizontal Sliding) (2000) è il pezzo di punta della mostra romana di Jonas Dahlberg (Boras, Svezia, 1970; vive a Stoccolma), alla prima personale italiana dopo la Biennale di Venezia (dove è presente nella mostra Ritardi e Rivoluzioni ).
Tutti i suoi video sono realizzati tramite la costruzione di modelli in scala, talvolta esposti insieme all’opera finale, all’interno dei quali vengono effettuate le riprese mediante microtelecamere. Freddi e ossessivi, catapultano lo spettatore in una paranoica visione in soggettivaJonas Dahlberg - Vertical Model attraverso ambienti spogli e deserti, spesso tanto perfetti da sembrare realizzati in digitale. Plan drawing Set design for “Untitled (Horizontal Sliding)”, ci svela la planimetria del modello utilizzato, che si scopre essere circolare anziché rettilineo, rievocando nella struttura il leggendario progetto di carcere di Jeremy Bentham, noto come Panopticon (dal centro si possono osservare tutti i punti della costruzione).
L’artista svedese, dopo gli iniziali studi in architettura, si forma all’Accademia di Belle Arti di Malmö, dove comincia la sua ricerca sulla percezione degli spazi e sulle implicazioni della videosorveglianza. E’ in quegli anni che nasce Safe zones no 1 (1995-2003), esposto in galleria tramite fotografie, un disegno e una parte testuale. InJonas Dahlberg quest’ultima si racconta la genesi del progetto, frutto di un’esperienza vissuta in prima persona. Accortosi della presenza di armi nell’appartamento del suo dirimpettaio, Dahlberg inizia a fotografare la casa e a disegnarne ossessivamente le possibili piante, calcolando anche tutti i punti di vista attraverso cui il misterioso vicino avrebbe potuto spiarlo o addirittura ucciderlo. Dopodiché smette di abitare tutte le zone della casa potenzialmente a rischio, fino al giorno in cui, tornando da un viaggio, non si accorge della dipartita del suo possibile nemico. Il progetto punta i riflettori su questioni di scottante attualità come la sicurezza degli spazi -privati e pubblici- la privacy e il ruolo sociale dell’architettura. Ma lo fa attraverso uno sguardo malinconico e lirico, in cui fattori come la ripetitività, la paranoica attenzione ai dettagli e i ritmi esasperatamente lenti, diventano il veicolo di un’osservazione complessa e personale della realtà.

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v.tanni@exibart.com
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Jonas Dalhberg – altre voci altre stanze, a cura di Cloe Piccoli
Magazzino d’Arte Moderna via dei Prefetti 17 (centro, parlamento) 066875951, magazzinoartemoderna@katamail.com , mar_ven 11-15/16-20 sab 11-13/16-20


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