Il
viaggio nella realtà urbana – fra limiti e contraddizioni, umanità e
disorientamento, odori e rumori – è sempre affascinante. Una scoperta continua,
soprattutto quando è inserita in un contesto quotidiano.
A
promuovere quest’idea, nell’ambito della rassegna
Luce-Forma/Visioni Urbane (preview della I edizione della
Festa
dell’Architettura, che si terrà nella
primavera del 2010) è Daniela Pastore con il Laboratorio Architettura
Contemporanea. Primo appuntamento, all’Auditorium, la mostra
Cities. Places visionaires, curata da Camilla Boemio:
interpreti del nostro tempo che
analizzano il rapporto fra arte e architettura in luoghi diversi del pianeta,
da Hong Kong a Berlino, da Mosca a Bilbao.
Di Gabriele Basilico viene
presentata una selezione del progetto
Berlino, nato nel 2000 grazie a una borsa offerta dalla
Daad (Deutscher Akademischer AustauschDienst): un linguaggio di grande pulizia
formale nel consueto bianco/nero. All’Europa guarda anche
Marco Zanta con
Urban
Europe, un lungo viaggio alla ricerca
della possibilità di un’identità comune.
Lirica e drammatica la visione di
Peter Schlör quando racconta le architetture silenziose del
Sinai, oggetto del volume
Deep Black (2007). Un
carnet de voyage raffinato e ricco di riferimenti letterari.
Lavora
su densità, anonimato e individualità
Michael Wolf, fotografo tedesco cresciuto negli Stati Uniti
che, dal 1995, vive a Hong Kong. Osservatore acuto, Wolf esplora le contraddizioni
di Paesi come Cina e Hong Kong. Edifici, quelli descritti in
Architecture of
Density e
Transparent City, che diventano corpi plastici, in un fluire di
ritmi colorati.
“
Differentemente dalle fotografie, così rigorose, i
video sono estremamente concettuali”,
spiega la curatrice. Lavori costruiti intorno a situazioni vissute, in cui la
presenza umana è preponderante. Dell’artista e attivista politico
Dmitry
Gutov sono presentati
From flat
to flat (2002) e
Demonstration (2000): “
Racconti
molto poetici dell’anima russa, da cui trapela anche un grande fatalismo”. Dal momento di protesta insieme a Radek, gruppo di artisti militanti, che avanza per la città,
alla visione ribaltata di Mosca. La musica è un
elemento importante, che siano i Pink Floyd (da
Zabriskie Point di
Michelangelo Antonioni) o Tchaikovsky interpretato dalla voce di Solovyanenko.
Con
The End of the World (2007), il
croato
Damir Očko affronta
il mito della civilizzazione: una visione simbolica che ha luogo in un campo di
calcio recintato, popolato da individui che indossano maschere, in un clima di
estrema desolazione.
Entra nelle viscere della città, infine,
Shaun Gladwell con
In a station of the Metro (2006). L’artista, che rappresenta l’Australia alla
53. Biennale d’Arte di Venezia, si concentra sul movimento lento di due
ballerini circondati dai passi veloci della gente: “
La metropolitana interpreta la città, la sua anima underground, quella più oscura, che genera i fermenti creativi degli artisti”.
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Bella mostra, molto raffinata. Gladwell formidabile...