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Malgrado la presenza di una certa sensibilità comune, questi artisti non possono essere affiancati per un confronto, i secoli che separano i loro lavori non possono essere immediatamente collegati; è invece necessario collocare uno prima dell’altro”, scrivono Nicolas de Oliveira e Nicola Oxley nel testo critico che accompagna i sei acquarelli di
Hans Op De Beeck (Turnhout, 1969; vive a Bruxelles) nell’uccelliera secentesca di Villa Borghese.
Chiaro è che il primo di cui parlano è il poliedrico artista belga, che per la terza edizione di
Committenze Contemporanee ha visto il suo stilistico e toccante alone di mistero compositivo raffrontarsi col cinquecentesco
Correggio. Il pittore manierista dei “
corpi luminescenti” era stato, ormai un anno fa, ospite presso la Galleria Borghese con l’esauriente monografia che volò poi a Parma, lasciando apprezzare di lui quell’addomesticato uso della luce capace di rendere tanto eleganti quanto sinuose e sensuali le figure umane rappresentate.
Ed è proprio la sua sfuggevole ma immanente evanescenza cromatica che lo lega a un dialogo surreale con De Beeck. Privi di corpi voluttuosi, gli interni dell’artista contemporaneo potrebbero rivelarsi a primo impatto lontani anni luce dai dipinti del Correggio; la tonalità di grigi dissolti ma fieri che compongono i suoi acquerelli non calibra la leggerezza cromatica del pittore, seppure di lui conservi quell’essenza compositiva impalpabile ma distinta. Ecco dunque il punto d’incontro, il dialogo surreale che racconta come un divano bombato, elegantemente riflesso nel suo pavimento lucido, possa tranquillamente essere sede regale di una
Danae bagnata d’oro e raggiunta da Cupido.
Cosa c’è di più intimo del tacito scambio inconscio di un’egual sensibilità pittorica? Se Correggio utilizzava un sapiente uso di chiaroscuri per calibrare la leggerezza della figura umana, Hans Op De Beeck usa la stessa leggerezza nel gioco della specularità eccessiva per ogni superficie che il suo acquarello tocca; un mondo d’iperrealismo stilistico in cui quella doppia verosimiglianza di realtà oggettistica lo rende ancor più tangibile, distinto, sede mitologica dei sensuali
Amori di Giove.
La fascinazione della mostra, inoltre, seppur minimale nella quantità di opere esposte, risiede nella scoperta che il fruitore fa dell’ultimo De Beeck: se gli anni passati lo avevano caratterizzato per ricostruzioni di ambienti o progetti di interni, dove le didascalie dell’opera finale risultavano essere veri e propri “periodi descrittivi”, in questi lavori l’artista belga affronta il mondo del bianco e nero su carta. Mantenendo tuttavia l’attenzione per i particolari, esasperandoli sino a renderne giustizia quasi quanto uno scatto fotografico.
La trascendenza degli oggetti di De Beeck va però oltre il concetto di rappresentazione fotografica e si ritaglia uno spazio iperrealista nella mente di chi osserva, sospendendo lo sguardo come lo si sospende davanti a Zeus. Che avvolge “nebulosamente” Io nell’abbraccio amoroso di un orgasmo visivo.
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"la tonalità di grigi dissolti ma fieri ..."? "intimo del tacito scambio inconscio ..."? "lo rende ancor più tangibile, distinto, sede mitologica dei sensuali Amori di Giove ..."? ma che vuol dire? come si possono usare le parole per dire niente? ma in fondo vista l'ignoranza del "recensore" -che non sa neanche qual è il nome e qual è il cognome dell'artista, visto che per ben due volte lo ha scritto in maniera errata (il nome è "Hans" e "Op de Beeck" il cognome) -cos'altro si può pretendere!
Ciao Flaminia,
sono "il recensore ignorante", la redattrice che ha scritto questo articolo. Mi scuso con i lettori per lo stupido errore di scrittura, per quanto riguarda le tue osservazioni, se andassi a vedere la mostra e provassi ad entrare nelle opere e poi nelle mie parole, forse capiresti: non sono solita scrivere a caso. Per il resto forse dovresti conoscre un poco anche Correggio e aver visto la mostra di cui parlo all'inizio.
A presto!
caro recensore, come dice quell'adagio? meglio tardi che mai? sono solita anch'io parlare dopo aver visto e siccome ho visto, ribadisco il non-sense di "la tonalità di grigi dissolti ma fieri ..."?: come può essere un grigio fiero?, "intimo del tacito scambio inconscio ..."?: come può esserci un tacito scambio? siamo ancora all'idea passista di "sacra conversazione"? suvvia!