Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
30
giugno 2010
A Jacob Hashimoto (Greeley, Colorado, 1973; vive a New York e
Verona) è stato affidato il compito di inaugurare lo spazio espositivo che
collega la nuova ala del Macro con la preesistente struttura di via Reggio
Emilia. La maestosa installazione Silence Still Governs Our Consciousness, appositamente pensata per l’occasione,
occupa interamente la sala, con un affascinante e “ordinato” groviglio di fili
di nylon e carta che si eleva verso il soffitto.
Impresa importante e, senza dubbio, non casualmente a lui
commissionata. Innanzitutto perché Hashimoto gode già d’una consolidata fama
internazionale. Poi perché il suo essere un artista americano ma capace di
recuperare la millenaria tradizione della cultura giapponese, conferendole
nuova linfa creativa e inedite interpretazioni, lo rende particolarmente adatto
a esprimere l’unione di influssi artistici contemporanei e spinte espressive
che vengono dal passato. Infine, perché la sua indagine estetica è da sempre
orientata verso una fusione (possibile?) di natura e progettazione tecnologica.
Un’idea, questa, che regola ogni suo intervento artistico:
Hashimoto procede nell’elaborazione di una nuova concezione dello spazio e del
tempo, esaltando il vuoto rispetto al pieno, la leggerezza rispetto alla
corporeità, in una dialettica continua attraverso la quale ogni elemento
dimostra la sua complementarietà rispetto all’altro.
I 7mila aquiloni di Silence Still Governs Our
Consciousness –
piccoli, fragili dischi, alcuni bianchi altri colorati, e con minuziose
decorazioni – accolgono il visitatore e lo avvolgono in un grande abbraccio:
l’invito a entrare è irresistibile, perché ciò che si ha di fronte sembra una
sorta di foresta magica, in cui tutto fluttua pur restando immobile, in cui
immaginari rami accarezzano chiunque abbiano attorno.
I materiali poveri, privilegiati dall’artista nelle sue
opere, acquistano una preziosità del tutto particolare, dovuta all’estrema cura
del dettaglio e alla manifattura artigianale di ogni singolo elemento
dell’installazione. Anche a un primo sguardo ci si accorge di quanto nulla sia
lasciato al caso: questa onirica rappresentazione della natura, che cambia
prospettiva e significato in base al punto d’osservazione, induce quasi a una
meditazione “esplorativa”, come se a ogni nuovo angolo ci fosse qualche segreto
da svelare.
Un’opera che sembra dunque un paesaggio naturale, pur
essendo completamente artificiale, e che trova nella delicatezza, nella grazia
e nel movimento, seppur immaginario, i suoi principali punti di forza. Ma anche
i suoi limiti. Perché, quando ci si aggira nei meandri di questa esile e
tuttavia imponente opera, si ha la netta impressione che tutto sia troppo
“mentale”, quasi un’esperienza astratta: una “tensione” solo stilistica – anche
se di grande impatto visivo – in grado di comunicare solo in parte le dinamiche
intrinseche che regolano la natura e che la fanno percepire come tale a chi la
vive quotidianamente.
Verona) è stato affidato il compito di inaugurare lo spazio espositivo che
collega la nuova ala del Macro con la preesistente struttura di via Reggio
Emilia. La maestosa installazione Silence Still Governs Our Consciousness, appositamente pensata per l’occasione,
occupa interamente la sala, con un affascinante e “ordinato” groviglio di fili
di nylon e carta che si eleva verso il soffitto.
Impresa importante e, senza dubbio, non casualmente a lui
commissionata. Innanzitutto perché Hashimoto gode già d’una consolidata fama
internazionale. Poi perché il suo essere un artista americano ma capace di
recuperare la millenaria tradizione della cultura giapponese, conferendole
nuova linfa creativa e inedite interpretazioni, lo rende particolarmente adatto
a esprimere l’unione di influssi artistici contemporanei e spinte espressive
che vengono dal passato. Infine, perché la sua indagine estetica è da sempre
orientata verso una fusione (possibile?) di natura e progettazione tecnologica.
Un’idea, questa, che regola ogni suo intervento artistico:
Hashimoto procede nell’elaborazione di una nuova concezione dello spazio e del
tempo, esaltando il vuoto rispetto al pieno, la leggerezza rispetto alla
corporeità, in una dialettica continua attraverso la quale ogni elemento
dimostra la sua complementarietà rispetto all’altro.
I 7mila aquiloni di Silence Still Governs Our
Consciousness –
piccoli, fragili dischi, alcuni bianchi altri colorati, e con minuziose
decorazioni – accolgono il visitatore e lo avvolgono in un grande abbraccio:
l’invito a entrare è irresistibile, perché ciò che si ha di fronte sembra una
sorta di foresta magica, in cui tutto fluttua pur restando immobile, in cui
immaginari rami accarezzano chiunque abbiano attorno.
I materiali poveri, privilegiati dall’artista nelle sue
opere, acquistano una preziosità del tutto particolare, dovuta all’estrema cura
del dettaglio e alla manifattura artigianale di ogni singolo elemento
dell’installazione. Anche a un primo sguardo ci si accorge di quanto nulla sia
lasciato al caso: questa onirica rappresentazione della natura, che cambia
prospettiva e significato in base al punto d’osservazione, induce quasi a una
meditazione “esplorativa”, come se a ogni nuovo angolo ci fosse qualche segreto
da svelare.
Un’opera che sembra dunque un paesaggio naturale, pur
essendo completamente artificiale, e che trova nella delicatezza, nella grazia
e nel movimento, seppur immaginario, i suoi principali punti di forza. Ma anche
i suoi limiti. Perché, quando ci si aggira nei meandri di questa esile e
tuttavia imponente opera, si ha la netta impressione che tutto sia troppo
“mentale”, quasi un’esperienza astratta: una “tensione” solo stilistica – anche
se di grande impatto visivo – in grado di comunicare solo in parte le dinamiche
intrinseche che regolano la natura e che la fanno percepire come tale a chi la
vive quotidianamente.
articoli correlati
Hashimoto
a Verona nel 2009
E
nel 2006
E
nel 2003
marzia apice
mostra visitata il 29 maggio 2010
dal 27 maggio al 10 ottobre 2010
Jacob
Hashimoto – Silence Still Governs Our Consciousness
a cura di Elena Forin
MACRo – Museo d’Arte Contemporanea di Roma
Via Reggio
Emilia, 54 (zona Nomentana-Porta Pia) – 00198 Roma
Orario: da
martedì a domenica ore 10-19
Ingresso:
intero € 4,50; ridotto € 3,50
Catalogo
disponibile
Info: tel. +39 06671070400; fax +39 068554090; info@incontriinternazionalidarte.it; www.macro.roma.museum
[exibart]
una mostra insignificante e di cui non se ne sentiva la necessità: giusto tributo del Direttore ad una galleria amica
Condivido pienamente il pensiero di Andrea, circa le opere di J. Hashimoto!!
A parte i Musei mi sapreste dire dove altro si potrebbero “piazzare” ??????
CONDIVIDO E SOTTOSCRIVO I COMMENTI PRECENDI NON SE NE PUO’ PIU’
bellissima mostra, complimenti!