L’apparenza spesso inganna, e allo stesso modo fa la realtà. Anzi, per essere più precisi, a volte è proprio quest’ultima a essere puro apparire, a risiedere oltre il primo sguardo, ben al di là della superficie liscia delle cose. Ciò che è realmente esistente, purtroppo e sempre più spesso, si trova racchiuso in cornici oniriche che non capiamo essere le principali portatrici di messaggi e, viceversa, affidiamo la nostra realtà a situazioni assurde e a individui inquietanti, resi vivi e vegeti solo grazie alla nostra interazione.
José Molina (Madrid, 1965) e
Lorena Matic (Trieste, 1966) sono i protagonisti dello svisceramento di questi temi. I due artisti accendono allo stesso modo, ma con un approccio diametralmente opposto, una pira sulla quale far ardere alcune delle peggiori caratteristiche della società umana. Sarà il fatto che appartengono a diverse culture; sarà che l’uno usa tecniche classiche (matite Prismacolour e Karisma Colour su carboncino) mentre l’altra si serve di mezzi legati alla comunicazione (stampa lenticolare in 3D animato), ma il loro ragionamento sembra appartenere a due sfere differenti.
Così, incontrando per primo il
Lotto nr. 4 di Matic ed essendo collocato nello spazio a vetrina, è lecito attendersi una critica del mondo dei consumi, del capitalismo, di promesse non mantenute e di capacità inutilizzate. In effetti, questo è il
range di contenuti che i due artisti utilizzano, ma che ben si differenzia per impatto visivo e atmosfera evocate. Lorena Matic imposta la propria ricerca sulla base dei percorsi mediatici e comunicativi cari alla Pop Art, sviluppando un’attenta e ironica critica delle mondo del mercato, sia dal punto di vista dell’offerente che da quello del possibile acquirente, sia ancora da quello del mezzo di promozione. Muovendosi davanti alla sua installazione -in cui è riprodotta un’immagine di televendita della quale è la stessa Matic protagonista- questa si anima, si muove e rende possibile un’offerta improponibile.
È lo spettatore/uomo contemporaneo a essere il
partner in crime degli sviluppi assurdi e tremendamente reali.
Il gusto per una “polemica con il sorriso sulle labbra” si esalta in
Predatores (2004-2006), serie di 37 ritratti di cui venti sono esposti nello spazio SoloShow. Eseguiti a matita, riportano alla memoria le caricature di
Daumier sia per la tecnica utilizzata che per l’accesa critica che recano con sé. Inoltre, ognuno è affiancato da un breve testo ed è allo stesso tempo delimitato e ampliato da una cornice realizzata
ad hoc dall’artista/artigiano
Pippo Basile. José Molina crede soprattutto nel fatto che
Gli umani non siano brillanti e illuminati, ma una piaga che si sposta da un terreno fertile all’altro (la metafora riprende quella utilizzata dall’agente Smith in
Matrix). Questa caduta libera è dovuta a un susseguirsi di scelte sbagliate, come quella di affidarsi a un
Angelo custode distratto e incapace, quella di concentrarsi su attività che infine ci hanno sepolto (
Le formiche), considerarsi migliori solo perché capaci di mentire (
Il più intelligente) o non saper relativizzare gli avvenimenti (
I fanatici).
Fortunamente ci sono vie di fuga: riuscire a vedere con un occhio innocente e puro (
Gli esseri candidi) e porsi in una posizione più elevata rispetto a ciò che viene osservato, in modo che
I sognatori di Molina -unico disegno a colori- non si trovino di fronte alla splendente vetrina del
Lotto nr. 4.