L’area della galleria romana è stata trasformata da Jimmie Durham (Arkansas, 1940) in un percorso con alcuni passaggi obbligati che servono a meglio osservare gli oggetti esposti. Per dare al visitatore il tempo di ragionare, memorizzare e riflettere. Con questo suo ultimo lavoro, Durham, nativo americano Cherokee, affronta il tema del sacro e del profano e lo fa giocando sugli spazi attraverso una serie di elementi: semplici oggetti senza particolari qualità estetiche, ma con un forte significato simbolico. Il profano è rappresentato da uno spazio pieno di sedie e di giornali provenienti da tutto il mondo, sempre nuovi ogni giorno: una sala di lettura universale, un momento di aggregazione sociale. Un grande tavolo realizzato con legni diversi e con le gambe formate da mezzi tronchi provenienti dal Messico, su cui è posto un orologio, annuncia al visitatore l’ingresso nella parte sacra: il Tempio. Una pesante trave poggia su due barili di petrolio e porta incisa la parola Templum. Lungo il percorso sono disseminati alcuni oggetti, come una scatolina di plastica celeste o una valigia di cartone definita dall’artista “tremendamente onesta” per la sua semplicità. Posti sopra i barili di petrolio, oltre alla trave, troviamo una palla da bowling,
Scuotendola si sente del rumore, senza capire di cosa si tratta. Non è importante, raccomanda l’artista, dare per forza un significato a quanto è esposto, cercando una correlazione tra i vari elementi che compongono la mostra. Ognuno si interroghi invece sulle sensazioni che questi oggetti provocano in lui e analizzi le proprie reazioni.
Quest’ultimo lavoro di Durham è, come sua consuetudine, una riflessione sui temi centrali dell’esistenza. Mescola elementi provenienti dal mondo naturale a oggetti di produzione industriale, ponendo il tutto in un unico grande contenitore: il Tempio della civiltà globale. Profondo conoscitore della cultura occidentale e di quella europea in particolare, Durham non ha dimenticato le sue origini e la spiritualità propria delle tribù dei nativi americani, che gli consente un approccio distaccato e lucido rispetto alle problematiche tipiche del nostro quotidiano.
Attraverso l’opposizione del sacro, che rappresenta la tradizione nei valori, al profano, che raccoglie le problematiche legate al sociale, al politico e all’economico, Durham con il suo lavoro si pone come collettore delle contraddizioni insite nelle società ormai globalizzate, denunciando le ingiustizie contro cui si batte da anni in qualità di attivista politico dell’American Indian Movement. Il sempre maggiore accentramento del potere in poche mani, il razzismo, l’intolleranza, la violenza contro l’uomo e contro la natura.
pierluigi sacconi
mostra visitata il 12 giugno 2007
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