Nella sua puntuale riconoscibilità tecnica e tematica, ogni volta il lavoro di
Botto & Bruno (Gianfranco Botto, Torino, 1963; Roberta Bruno, Torino, 1966) riesce a sorprendere e a trasmettere quel poetico senso di straniamento.
In quest’occasione anche il non-luogo dell’installazione contribuisce a ricreare quelle atmosfere di abbandono e degrado. Perché
Scuola Elementare Martin Luther King è allestita nell’ultima trovata di Gianluca Lipoli che, da via della Penitenza, è ora passato all’interno di un parco -leggermente defilato dal cuore del popolare quartiere della Garbatella- di via Magnaghi. Qui ha posizionato un piccolo container dove, periodicamente, saranno esposti i lavori degli artisti invitati a collaborare con il nuovo progetto. Questo con Botto & Bruno è infatti il quarto appuntamento, a cui probabilmente seguiranno gli
Stalker a ottobre.
Il lavoro della coppia torinese, con autentica disinvoltura, s’inserisce sull’asse Parigi-Torino-Roma, perché è un’accurata e equilibrata sintesi delle tre realtà. Di Parigi è la ripresa video dei bambini che giocano nel cortile di un’anonima scuola nella banlieue; torinese è il cartello con il nome; romana è la fusione degli elementi che creano una non identificabile terza realtà. Tre realtà geograficamente distanti ma che, con quelle caratteristiche diffuse e note delle periferie, le accomuna e le unisce, rendendole simili e irriconoscibili. Equilibrata sintesi che si realizza anche tra il lavoro e il non-luogo: il contenitore e il contenuto diventano tutt’uno, si fondono e si calano perfettamente nel parco, come se fosse un elemento non estraneo, ma appositamente realizzato col parco stesso.
Queste peculiarità delle periferie sono ancor più sottolineate dal procedere creativo della coppia. Con la loro macchina fotografica analogica, girano i quartieri lontani dal centro, immortalando dettagli e atmosfere; poi, in studio, procedono a una laboriosa selezione e decontestualizzazione dei dati raccolti, ricontestualizzati infine, come in una sorta di collage, in una realtà altra, ricostruita, appunto, con quella varietà infinita di dettagli precedentemente archiviati. Si giunge così alla realizzazione di una matrice fotografica che è la stratificazione di vissuti colti in momenti e luoghi diversi. La matrice, che ha anche un certo spessore fisico, viene poi acquisita digitalmente per poter procedere alla stampa su pvc.
Elementi e situazioni che immediatamente diventano familiari, soprattutto per chi ha vissuto nelle periferie delle grandi città: pur non riuscendo a ricollegarli con una via, un palazzo o uno specifico portone, il visitatore li sente sulla propria pelle, perché metabolizzati nel proprio immaginario.
Sta qui la grande forza dei lavori di Botto & Bruno: esser riusciti a trovare la bellezza e la poesia in luoghi che, abbandonati e dimenticati e resi anonimi dalle istituzioni, riescono a costruirsi una propria identità per la loro vitalità, a volte anche crudezza. Così, anziché essere realtà anonime e lontane, diventano realtà conosciute e vicine. Irrealtà tangibili.
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Sempre la stessa solfa trita e ritrita. E'come se Bobby Solo nel'arco della sua carriera avesse cantato solo cover di Una lacrima sul viso.
e bobby solo era lui stesso una cover di elvis!