Alla Galleria Dora Diamanti è di scena la personale di
Davide Orlandi Dormino (Udine, 1973; vive a Roma), attivissimo artista della scena capitolina. Docente di scultura presso la R.U.F.A. e autore di numerose esposizioni in spazi pubblici e privati fin dal 1991, Orlandi Dormino si muove in questa mostra lungo il sottile filo dell’indeterminatezza, pur utilizzando materiali definiti e solidi come marmo e ferro.
I gesti con cui lo scultore incide e plasma la materia hanno una morbidezza fluttuante e leggera che, senza dubbio, subisce l’influenza della plasticità delle statue antiche. Tuttavia, lo stile adottato riesce a creare un originale punto di contatto con il mondo contemporaneo, grazie all’interazione con lo spazio circostante. Se al primo piano della galleria le pagine di marmo sono adagiate delicatamente al suolo per essere osservate e toccate, in quello sottostante vengono immerse in una vasca di ferro e lambite da un liquido oleoso che, in un’immobilità soltanto apparente, ora dopo ora s’insinua nella materia, quasi a volerla possedere.
Lo scarno commento ritmico che riecheggia nella sala e che accompagna l’installazione sembra un ossessivo balbettio, a ribadire che a volte non è facile comunicare: le parole spesso si fermano, in bilico tra il dentro e il fuori, e per esprimersi hanno bisogno di cura, pazienza, tempo.
In questo intenso percorso tra le opere, lo spettatore può muoversi senza alcuna costrizione dettata dall’artista, lasciandosi guidare esclusivamente dalle sensazioni e dalla multiforme varietà d’interpretazioni che l’intelletto suggerisce. Solo così si verifica il dialogo tra artefice e fruitore, in uno scambio continuo di input creativi.
Attraverso questa serie di sculture candide ed evocative, in un certo senso timide e poco appariscenti, la mostra esibisce un lungo processo di meditazione e di ricerca non ancora esaurito. Fogli di marmo che conservano dunque intatta una materia in divenire, nell’attesa dell’incontro con un inchiostro che possa scrivere la realtà quotidiana.
Come se fosse possibile immaginare una sorta di verginità della mente, una libertà totale dalle convenzioni, dai compromessi, dalle certezze, lasciando nello stesso tempo la porta aperta a un futuro tutto ancora da vivere e costruire.
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Mai visto nulla di più orrendo e inutile.