Flussi di visioni in quadro.
Dentro cornice: anche con riferimenti precisi a tante esperienze pittoriche e
fotografiche. In particolare con
Terre Piane, orizzonti che si trasformano in
tempi dilatati, lentezze di pianura, paesaggi in dissolvenza incrociata,
costante la linea che separa cielo e terra.
Un dialogo aperto fra tradizione e
videoarte: il
System di
Davide Coltro (Verona, 1967; vive a Milano) permette di fondere pittura
digitale ed esperienza fotografica, mentre il fruitore/spettatore coglie
movimenti a tratti quasi prima emotivi che concreti, riconoscendo magari a
posteriori come le nuvole siano andate aprendosi in sfumature più chiare.
Nei paesaggi di
Medium Color
Landscape, il
colore e la luce arrivano a turbare: si avverte la verità dei contorni, mare,
monti, esperienza comune di visione, ma con il disagio dell’artificio, una sorta
di speciale fascinazione, fra stilizzazione e straniamento. Qui il creatore è
alla ricerca del “colore medio” di un paesaggio, “
risultante dalla media
matematica di tutti gli elementi cromatici all’interno di un’immagine”. E l’effetto è inevitabilmente
destabilizzante, astratto, onirico.
Il
System permette una connessione
permanente con lo studio dell’artista, che realizza icone digitali in perenne
metamorfosi: l’opera così sfugge all’assoluto, all’offerta come esito concluso.
È piuttosto il movimento – per quanto quieto, rallentato – a cambiare anche la
fruizione artistica in altri tempi/contemplazione. Fotografare l’azione, il
flusso del divenire, ma subito con la consapevolezza del filtro del pensiero,
dell’immaginazione umana.
Così in
Story Tellers, con incanti che paiono svelare
realtà/finzioni di carattere metalinguistico: mentre si guarda sembra di esser
invitati a riflettere sull’atto stesso del guardare, frazioni di realtà che
paiono chiedere di andare oltre, d’immaginare completamenti di sfondi, parole,
gesti.
E in
The Living volti trasparenti intrecciano in
strani colori, linee ed espressioni, come ricordi confusi della mente che tende
a rintracciare lineamenti della stessa persona o più volti, identità inquiete
dalle tinte/umori mutevoli.
Piacevole lo spazio della
fruizione: il Tpalazzo, nella parte più bella della città, d’angolo tra la via
che porta al Duomo e il Battistero (“
temporaneo contemporaneo: tutto il
tempo in ogni attimo”
è lo slogan nel pieghevole dello spazio espositivo) permette di sostare nella
caffetteria con propri tempi di disponibilità all’arte, di pausa dal lavoro, di
ricerca, con la possibilità intanto di “
gustare artisticamente” le opere.
Davvero perfette per questo le
opere di Davide Coltro, tempi speciali di scorrimento, di trasformazione, di
metamorfosi.