I suoi maestri sono Caravaggio, Tiziano, Michelangelo, Antonello da Messina, conosciuti sui banchi dell’Istituto d’Arte. Tra i fotografi, senza incertezze, Arturo Pattern.
Piero Pompili (Roma, 1967) comincia il suo percorso artistico nel 1982-83, puntando l’obiettivo sul suo quartiere, la Borghesiana. Scruta i volti della gente, familiari, amici, passanti, soprattutto sul trenino Roma-Pantano. “Il tram era ricco di umanità, un grande contenitore di esistenze”, racconta. “Lo prendevo prestissimo per andare a scuola, ricordo i cappotti, gli occhi abbottonati. Ero talmente forte e sicuro di me che tiravo fuori la macchina fotografica e scattavo, catturando la gente con la mia anima. Quel tram era diventato la mia sala di posa, il mio studio fotografico.”
È in questa borgata romana, poi, che inizia ad interessarsi al pugilato, rimanendo incantato dall’atmosfera sospesa che avvolgeva quel ring sbilenco, costruito in fretta e furia con tavole e palanche, dove venne organizzata (era il 1982) la prima Festa dello Sport. Il fotografo ricorda ancora la polvere che si sollevava ad ogni balzo dei pugili, la luce accecante del faro da 1000 watt, ma soprattutto quei personaggi da cui scaturiva sudore e sangue. Le danze tribali, la forza fisica, il loro mostrarsi senza maschere. “Allora ero un bamboccio, ma questa scena me la sono tenuta dentro. Esattamente come quella di quando mio padre -durante le nostre domeniche formative dentro Roma a bordo della Fiat 600- ci portò a vedere la Cappella Sistina e fui catturato dalle figure di Michelangelo. Nel mio lavoro sono un figurativo alla ricerca del corpo, della forza, del cazzotto…”.
Sono tredici anni che Piero Pompili gira per le palestre del Purgatorio Italia -da Marcianise alla provincia di Bergamo- sconfinando ogni tanto anche in luoghi strabilianti come la Gleason’s Gym di Brooklyn. Ad oggi sono circa ventimila le sue fotografie che raccontano di tutto questo, scattate in analogica (con la Nikon di sempre) e quasi esclusivamente in bianco e nero.
Anche nella mostra Lotta di classe -alla Galleria Giulia-
Alcune delle ventotto immagini esposte sono presenti anche in Combat, il libro fotografico che viene presentato con l’occasione. Anche questo volume -come Gladiatori (2005)- nasce dalla collaborazione con Antonio Franchini e dal reciproco amore per la palestra, che considerano entrambi un luogo sacro. La palestra è il teatro di una lotta autentica dove “il cazzotto lo prendi e lo senti bene. Fuori dalle palestre, invece, la lotta é più spietata e vigliacca. ” La galleria, perciò, si trasforma per l’occasione in un tempio pagano dove Pompili “modella architettonicamente” i suoi pugili in forma di trittici e polittici. Quanto al titolo –Lotta di classe– è indubbiamente giocato sull’ironia, “perché sul ring paradossalmente non c’è lotta di classe. C’è, semmai, la non-lotta di classe, perché tutto viene messo a nudo, azzerato. ”
manuela de leonardis
mostra visitata il 15 novembre 2006
Sono protagoniste nella retrospettiva dedicata a uno dei membri più noti del Nouveau Réalisme: le "macchine inutili" di Tinguely riempiono…
Una favola che parla di drammi intimi e ricorre agli stereotipi del melodramma, ma rimane agile, nonostante tutto. La recensione…
Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo…
Finalisti, entrambi, di exibart Prize N 4, Valentina Gelain e Bekim Hasaj presentano in Finlandia The Shell Cracked, un ciclo…
Negli spazi di Mare Karina è in corso la prima personale di Beatrice Favaretto. Il progetto Multiple Maniacs è un…
65 gallerie da 15 Paesi e la conferma di un mercato internazionale sempre più interessato alla ceramica moderna. Ecco che…
Visualizza commenti
figata!!!
W il ring!!!
w la boxe, free fight, kickboxing e tutto quello che può essere fatto nel mitico quadrato!!
In quel pezzo di mondo dove esiste ancora la vera lotta!