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All’ingresso della galleria già s’incontra il primo intervento dell’artista belga. Strisce nere, segmenti spezzati ricoprono il vetro della porta, un reticolo di segni che ricompongono l’intreccio urbano di Roma. Superata la soglia, si apre un’unica sala. Michel François (Saint-Trond, 1956; vive a Bruxelles) lavora concependo lo spazio come fattore essenziale delle sue opere, e per quest’occasione ha studiato una calibrata successione di opere lungo uno sviluppo longitudinale.
Un’effimera scultura composta da bastoncini di metallo e magneti si sostiene in un equilibrio apparentemente fragile ma tenace. La forma si allunga nello spazio, appropriandosene, misurandone la dimensione e congiungendo il terreno col soffitto. Un gigantesco groviglio di tubi in acciaio ingessato s’intravede poco oltre. Si dipana da un nucleo centrale, dilatandosi in un processo in fieri potenzialmente infinito. Il lavoro nasce da un’azione di raccolta e studio dei fogli di prova trovati dall’artista nelle cartolerie; tracce di passaggi inconsapevoli, segni inconsci che prestano molti spunti per una ricerca artistica volta all’indagine di piccoli dettagli. Forme e oggetti dall’apparenza insignificante divengono inesauribile materiale per la sperimentazione creativa, ritrovando autonomia e valore.
L’operazione dell’artista consiste spesso nel trasporre oggetti e forme in una scala differente, rendendoli monumentali, espandendo la materia fino al limite delle possibilità consentite dal luogo, interagendo costantemente con lo spazio in cui l’opera vive. Il coacervo di segni rimanda all’azione impressa sulla porta d’entrata e allude ancora una volta al caos metropolitano e alla possibilità di restituire a esso un ordine e un senso.
Ultimo intervento presentato in questa personale di François è un video. Una sorta di oblò scavato nel muro conduce lo sguardo verso L’apparition d’un verre (2006): una visione sospesa e onirica di bicchieri di vetro che volano, privi di peso e consistenza fisica, tramutati in bolle di sapone. La dolcezza dell’immagine è accompagnata però dal rumore di vetri in frantumi che aumenta il potenziale straniante dell’opera, la quale risulta allo stesso tempo affascinante e disturbante.
Pur trattandosi per lo più di sculture, o di lavori video in cui l’immagine è resa tridimensionalmente, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un disegno cristallizzato, fissato nella materia nel suo stesso farsi. Forse per questo l’artista paragona il proprio procedimento creativo allo sviluppo delle radici di un albero: non c’è una volontà pre-determinatrice che muove la sua mano. Si tratta di mettersi in ascolto delle energie del mondo e di dar loro voce e forma. E dunque nuova vita.
Un’effimera scultura composta da bastoncini di metallo e magneti si sostiene in un equilibrio apparentemente fragile ma tenace. La forma si allunga nello spazio, appropriandosene, misurandone la dimensione e congiungendo il terreno col soffitto. Un gigantesco groviglio di tubi in acciaio ingessato s’intravede poco oltre. Si dipana da un nucleo centrale, dilatandosi in un processo in fieri potenzialmente infinito. Il lavoro nasce da un’azione di raccolta e studio dei fogli di prova trovati dall’artista nelle cartolerie; tracce di passaggi inconsapevoli, segni inconsci che prestano molti spunti per una ricerca artistica volta all’indagine di piccoli dettagli. Forme e oggetti dall’apparenza insignificante divengono inesauribile materiale per la sperimentazione creativa, ritrovando autonomia e valore.
L’operazione dell’artista consiste spesso nel trasporre oggetti e forme in una scala differente, rendendoli monumentali, espandendo la materia fino al limite delle possibilità consentite dal luogo, interagendo costantemente con lo spazio in cui l’opera vive. Il coacervo di segni rimanda all’azione impressa sulla porta d’entrata e allude ancora una volta al caos metropolitano e alla possibilità di restituire a esso un ordine e un senso.
Ultimo intervento presentato in questa personale di François è un video. Una sorta di oblò scavato nel muro conduce lo sguardo verso L’apparition d’un verre (2006): una visione sospesa e onirica di bicchieri di vetro che volano, privi di peso e consistenza fisica, tramutati in bolle di sapone. La dolcezza dell’immagine è accompagnata però dal rumore di vetri in frantumi che aumenta il potenziale straniante dell’opera, la quale risulta allo stesso tempo affascinante e disturbante.
Pur trattandosi per lo più di sculture, o di lavori video in cui l’immagine è resa tridimensionalmente, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un disegno cristallizzato, fissato nella materia nel suo stesso farsi. Forse per questo l’artista paragona il proprio procedimento creativo allo sviluppo delle radici di un albero: non c’è una volontà pre-determinatrice che muove la sua mano. Si tratta di mettersi in ascolto delle energie del mondo e di dar loro voce e forma. E dunque nuova vita.
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Galleria S.A.L.E.S.
Via dei Querceti, 4/5 (zona Colosseo) – 00184 Roma
Orario: da martedì a sabato 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0677591122; fax +39 0677254794; info@galleriasales.it; www.galleriasales.it
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