Dieci anni di blitz. Sottraendo la parola dalle pagine della cronaca e collocandola a pieno titolo nel lessico dell’arte contemporanea. È il merito dell’instancabile lavoro di un artista, Iginio De Luca, che fa della rapidità dell’intervento nello spazio pubblico una cifra caratteristica del suo impegno. I suoi blitz scardinano le regole della quotidianità e delle narrazioni dominanti, precostituite, irrompendo sulla scena del discorso pubblico con forza autoevidente, a volte persino con prepotenza visiva, ma non senza acume, intelligenza e tragica ironia. A commento di un dato di cronaca oppure a fare da controcanto, invettiva o elegia; manifestazione di un dis-sentire, di un disincanto, di uno sconforto, di un’indignazione che non può e non deve essere solo un riflesso condizionato da tastiera, un sentimento di quelli che esauriscono la spinta propulsiva davanti a un computer, nell’agorà virtuale dei social network. Un Riso amaro, come dice con sintesi felice il titolo della bella mostra curata da Claudio Libero Pisano. In un cortocircuito tra il Neorealismo del cinema del dopoguerra e l’Italia di oggi, estrema propaggine di un continente alla deriva, che si attiva a partire dalla trasformazione in materiale per l’arte anche del proprio vissuto personale e familiare (De Luca è nipote di Libero De Libero, che del film di Giuseppe De Santis fu sceneggiatore, e le due figure si sovrappongono in un fade fotografico nell’installazione sonora intitolata Iginio De Libero (2017), in cui l’artista dà voce a citazioni del suo avo scrittore, perfette per descrivere anche la desolazione attuale, nonostante il tempo trascorso).
Iginio De Luca, Riso Amaro. Dieci anni di blitz, vista della mostra, foto di Sebastiano Luciano
Non sono semplici trovate o battute di spirito, ma un ridere amarissimo, fatto di manifesti risignificati affissi in giro (Italia for sale, 2013 e L’appeso, 2014), campagne elettorali fittizie che sostituiscono i faccioni dei cartelloni con opere d’arte (Vota Paolo Uccello, 2014), processioni con stendardi e canti di sberleffo (Farsa Italia, via crucis, 2013), aerei che squarciano il cielo dell’ozio turistico (Silvio c’hai rotto li gommoni, 2010) o l’eterno ritorno dell’identico del Grande Raccordo Anulare (Farsa Italia GRA, 2011) con messaggi che ribaltano gli slogan della politica in nome di una riappropriazione vivificante, lanci di dadi giganti per esorcizzare l’aleatorio delle vacanti stanze dei bottoni (Ca Maronn c’accumpagn, 2013), proiezioni luminose che sconfinano oltretevere fino al Cupolone (Lavami, 2010), fotografie o video che invadono temporaneamente i luoghi-simbolo della politica, del potere, dell’ideologia, monumentali panini con la mortadella al Campidoglio, imbonimenti paratelevisivi per un’arte svenduta (Venghino Siori, venghino, 2016). Si agglutina, in questo modo, un sapiente miscuglio di linguaggi che contaminano e tradiscono comunicazione di massa, propaganda politica, slang gergali e memorie letterarie, riappropriazioni artistiche e artifici tecnologici, arte effimera, liberazione di porzioni di territorio urbano e veri e propri atti di protesta e denuncia sociale (Villa Sciatta e Cygnus X-1, 2014). Lo spazio pubblico si trasforma in un campo di battaglia estetico, con un potenziale immediatamente virale, che si fa metabolizzare da internet e dalla stessa rete poi riemerge, inopinatamente, come la foto del primo blitz (il manifesto di una campagna elettorale berlusconiana che allo slogan “Italia, forza” vede accostato il contrappunto dell’artista-teppista che nel 2006 con lo spray aggiunge ‘Nculo, vaffa): foto che l’artista non scattò, ma che viene messa in mostra dopo essere stata ripescata proprio dal web, realizzata e condivisa da un anonimo fotografo.
Una mostra colta, importante, in nessun modo autocelebrativa. È la giusta sintesi di un percorso, la sua documentazione, la sua argomentazione attraverso un allestimento che non sclerotizza la performance, l’invenzione, il respiro della strada, ma abbraccia la multimedialità, la difformità, la duttilità di un intervento proteiforme che si adatta all’occasione, dimostrando una forza di persuasione derivata dalla chiarezza di un progetto, di un approccio etico al lavoro artistico, di un’acutezza di sguardo che non si traduce nel contentino di un’arte innocua, complice, accondiscende. Elementi, questi, che promettono ai blitz di Iginio De Luca la possibilità di una permanenza nel tempo e nell’immaginario, nonostante la velocità della loro esecuzione e la brevità della loro durata fisica nello spazio di una città, Roma, che a questo lavoro è intimamente intrecciata.
Francesco Paolo Del Re
mostra vista il 4 luglio
Dal 14 giugno al 14 luglio 2017
Iginio De Luca
Riso Amaro. Dieci anni di blitz
AlbumArte, via Flaminia 122, 00196 Roma
Orari: da lunedì a venerdì dalle 15:00 alle 19:00
Info: www.albumarte.org