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Un piccolo e prezioso museo nel cuore di Roma: è la Casa di Goethe, al numero 18 di Via del Corso. Qui trascorse circa due anni del suo memorabile Grand Tour (dal 1786 al 1888) il sommo poeta e drammaturgo tedesco che – lo ricordiamo – fu anche un originale scienziato. Quello che oggi – come apprendiamo dalla brochure di presentazione – è l’unico museo tedesco all’estero, era all’epoca una pensione a gestione familiare, punto di riferimento e di ritrovo dei numerosi artisti di area germanica in visita a Roma. Qui Goethe incontrò il suo amico Wilhelm Tischbein autore del celebre ritratto titolato “Goethe nella campagna romana” – conservato nello Städel Museum di Francoforte – che ha ispirato, in particolare, una serigrafia di Andy Wharol e un tableau vivant di Luigi Ontani entrambi esibiti in una saletta del Museo.
Il fascino e la moda del Gran Tour condussero in Italia anche Jacob Philipp Hackert (Prezlau,1737 – Firenze, 1807) che a Roma si trattenne a lungo affermandosi come valente e rigoroso paesaggista; tanto che da essere chiamato come pittore da Corte da Ferdinando IV di Borbone a Napoli dove, nel 1787, conobbe Goethe e ne divenne amico – condividendone la passione per le scienze naturali – oltre che insegnante di disegno. La mostra di cui ci occupiamo origina dal viaggio in Italia della fotografa amburghese Kerstin Schomburg, borsista presso il museo goethiano nell’estate del 2015, che ha deciso di mettersi di buona lena sulle tracce del paesaggista Hackert.
Kerstin Schomburg – Piramide vista da Via Galvani
Tra i monumenti della città eterna, nelle ormai fantasiose plaghe dell’agro romano, fino alle classiche mete fuori porta: ad Albano, a Nemi, a Tivoli; allungando fino a Napoli e a Pozzuoli. Ho trascorso spesso ore e giorni alla ricerca dei luoghi esatti, rivela l’artista. E aggiunge: forse voglio ritrovare la bellezza che c’è nei dipinti di Hackert. Sono convinta che non sia svanita. L’occhio digitale s’affanna a rintracciare l’ipotetico punto di vista originario dell’illustre paesaggista prussiano come attratto dal miraggio di una possibile risonanza eidetica. Una trentina di foto trascelte da una copiosa quanto singolare e difficoltosa rivisitazione digitale sono intercalate da otto opere originali di Hackert (tra oli, disegni, acquerelli e acqueforti), alcune provenienti dalla collezione del Museo, altre da generosi prestiti. Certo, gli scatti della Schomburg documentano, in sintonia con lo spirito del nostro tempo, una realtà sempre in bilico tra la muta solitudine e la sospensione dell’attesa; tanto distante, quindi, dalla contagiosa solennità delle analitiche scenografie hackertiane che invitano piuttosto all’osservazione contemplativa e al godimento estetico di uno scenario naturale o di uno scorcio paesaggistico. Tuttavia le va ascritto il merito di avere, con questa originale ricerca, in qualche modo vivificato l’opera un artista che fu tra i più apprezzati del suo tempo e che oggi – come accade purtroppo a tanti altri – patisce l’ordalia dell’oblio, costretto tra le quattro mura di un claustro museale. Fino al riscatto ad opera di una tenace e talentosa fotografa amburghese.
Luigi Capano
Mostra visitata l’8 settembre
Dal 22 marzo al 14 ottobre 2017
Punti di vista.Kertsin Schomburg e Jacob Philipp Hackert: una ricerca fotografica
Casa di Goethe
Via del Corso 18, Roma
Info: tel. 06 32650412, www.casadigoethe.it