Già un anno fa, Peter Weiermair inseguiva l’idea di riunire una serie di artisti di diversa formazione e provenienza che utilizzassero varie tecniche per opere di piccoli formati. Ne nasceva la collettiva
Small is Beautiful alla Fondazione Ursula Blickle di Kraichtal, in Germania. Tranne Fabrice Samyn e Robert Davies, alcuni degli artisti che hanno fatto parte del team sono gli stessi di questa rassegna alla Nuova Pesa: Anne Mandelbaum, Masao Yamamoto, Andrea Fogli, Fabrizio Sacchetti, Michael Ziegler.
Ne
In palmo di mano – il titolo deriva dallo scatto di Yamamoto – è sottintesa, quindi, la stessa presa di posizione politica del curatore rispetto ai lavori teatrali, “
gridati” che sembrano dominare il mercato dell’arte contemporanea. “
Oggi c’è una grande ambizione di avere grandi formati per manifestazioni molto veloci”, spiega Weiermair, “
perché tutto è sotto la dittatura delle televisioni, della cultura del divertimento. Personalmente, sono più interessato alla poesia del piccolo, nel senso dell’intimo”.
Pagine di un diario personale sono sia i disegni a matita di
Andrea Fogli (in mostra c’è anche una sua scultura) che i nudi maschili di
Michael Ziegler, in cui l’artista attinge al ricordo della propria gioventù; così come nella sequenza di fotografie scattate da
Robert Davies nel suo studio,
Some of the insects that died in my studio between march and august 2008. Con una certa ironia, i minuscoli volatili creano sulla carta emulsionata composizioni geometriche in cui s’insinua un rigore da archivista.
Parallelamente, ciò avviene anche nei lavori fotografici e pittorici di
Fabrice Samyn, di matrice simbolista, che introducono l’elemento-specchio.
Anne Mandelbaum, invece, utilizza la plastilina per plasmare alfabeti di segni come sospesi su un fondale di materiale plastico, oppure capelli veri attaccati a semini.
Il lavoro di
Masao Yamamoto è, infine, il fulcro della mostra: “
È forse l’artista contemporaneo più interessante del Giappone”, sostiene il curatore. “
Costruisce haiku con le foto del suo répertoire. In questo tableau ci sono fotografie che sono di vent’anni fa, come altre di due giorni fa. È il suo diario”.
Piccole lacrime compaiono, in chiusura, nell’unico video dell’esposizione, in bianco e nero e firmato da
Fabrizio Sacchetti.
LacrimAzione è un lavoro che sfiora il tema della difficoltà del comunicare. La mini performance avviene davanti alla telecamera.
L’azione è affidata al gesto quasi impercettibile del lacrimare, accompagnato dallo sbattere delle palpebre e dal deglutire. Parecchi sono i riferimenti all’arte antica: la scolatura d’acqua sul muro della vecchia abitazione, alle spalle del performer, rimanda alle fontane medievali di pietra, mentre l’iconografia stessa del corpo subisce dichiaratamente il fascino della scultura barocca.