Il lavoro di Luis González Palma (Città di Guatemala, 1957), visto alla scorsa Biennale di Venezia nel Padiglione dell’Istituto Italo-Latino Americano, si è sempre caratterizzato per un profondo attaccamento alle tecniche più antiche dell’arte fotografica. Non soltanto come espressione stilistica ma anche come recupero di una certa tradizione culturale, che attraversa la sua intera ricerca e si sviluppa a partire dall’identità latinoamericana dell’artista.
Emerge fortemente dalle fotografie, dai volti presentati nell’ultima Biennale di Harald Szeemann e dalla produzione più recente dedicata al paño del pudor del Cristo crocifisso. La religione cattolica, fortemente sentita in Centro e Sud America –seppur nelle diverse espressioni e contaminazioni culturali– non può che essere, quindi, parte importante di tale percorso.
Nella mostra Jerarquías de Intimidad (la anunciación), González Palma affronta di nuovo un tema religioso, indagato non nella sua ottica mistica, ma in quanto radice sociale e culturale. L’annunciazione, da cui prende ispirazione il progetto, è al contempo tematica religiosa ed artistica. È soggetto affrontato costantemente nella storia dell’arte, con cui González Palma si confronta in un interessante scambio ed intreccio espressivo.
Insieme al lui, Graciela De Oliveira sviluppa un confronto dialettico tra passato e contemporaneità infondendo nuova linfa al lavoro del marito. Le sue riflessioni video si alternano ai tondi raffiguranti le mani dell’Angelo e della Madonna –mani della stessa coppia di artisti– in cui è subitaneamente riconoscibile la cifra stilistica di González Palma per il respiro antico che, in questo caso, rigurgita anche di citazioni storico-artistiche.
A queste si contrappone una narrazione filmica carica di interrogativi complessi e privi di risposte, sospesi nell’attesa di un arrivo. Quello del terzo soggetto, assente ma foriero di speranze e nuovi ed inesplorati sentimenti. Il figlio che –lui solo– smuove le future coscienze materne e paterne intorno a cui è cresciuto questo progetto.
Il nucleo centrale è, quindi, estremamente personale, sebbene si presenti al visitatore attraverso il reticolo di richiami che mescolano riferimenti al Quattrocento e influenze surrealiste, privato e universale, paesaggi in bianco/nero e stanze rosso fuoco.
L’allestimento della mostra propone infatti, in un ritmo crescente, l’alternanza delle due anime che la compongono, palesandosi come dialogo di voci che, sebbene nel sentire comune, si esprimono diversamente trovando poi il loro unisono nell’installazione finale. Proprio in quella camera rossa che appare come trasposizione viva –per via del parlare costante che da essa proviene– di un’immagine fotografica tipica di González Palma. Ma le due sedie ed un lampadario sotto la tavola comune bastano a sintetizzare l’influenza dell’ambiente straniante del video di Graciela De Oliveira.
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