Un grande torso si erge solitario nel mezzo del Foro di
Cesare. È l’imponente scultura che dal lontano nord è stata appositamente
realizzata dal teutonico
Stephan Balkenhol (Fritzlar, 1957).
Sulla scia del progetto
Giganti, curato da Ludovico Pratesi
in collaborazione con Valentina Bonomo, questa recente installazione,
nonostante le fisiologiche difficoltà burocratiche incontrate lungo il cammino
della sua attuazione, è la ri-conferma di come l’arte contemporanea non sia
antitetica all’antico ma, al contrario, sia in grado di entrare in armoniosa
relazione con esso. Inoltre, Balkenhol non è affatto nuovo a progetti simili, e
le numerose sculture permanentemente installate in alcune città europee – da
Amburgo a Berlino, da Amiens a Salisburgo – ampiamente lo dimostrano.
Senza specifiche indicazioni e, purtroppo, non
ben visibile dalla strada a causa di alcuni lavori in corso, il lavoro di
Balkenhol è una scultura che percettibilmente racchiude in sé molta storia
dell’arte, a cominciare dalla tecnica stessa. Riattualizzando l’antica pratica
della scultura in legno dipinto, largamente diffusa in epoca medievale e
rinascimentale, il busto di un giovane è scolpito in un unico blocco di legno di cedro (che, per
motivi di trasporto, si è dovuto tagliare in due, e ciò spiega la fenditura che
percorre la statua in tutta la sua lunghezza).
Percorso da un misto di malinconia e lieve tristezza, il
volto non è un ritratto (seppure alcuni vi abbiano voluto rintracciare una
certa somiglianza con lo stesso artista di qualche anno più giovane), ma
semplicemente una rappresentazione ideale della giovinezza: un ragazzo comune,
di tutti i giorni, né vittima né eroe, una sorta di icona ieratica. Ulteriori
evidenti rimandi alla storia dell’arte sono nel forte
pondus e nel chiasmo del corpo, che
fanno apparire la scultura come una perfetta riproduzione policletea.
Un viso, caratterizzato da uno sguardo imperscrutabile e
perso nel vuoto, che sembra “
riflettere sulle possibilità mancate e su
quelle da creare”,
spiega lo stesso Balkenhol, “
per accumulare maggiore ricchezza”. Bramosia umana, simbolicamente
rappresentata dalla tonnellata di dischi metallici, di diverse grandezze e
materiali, che l’artista ha voluto inserire in un secondo momento rispetto al
progetto originario, che circondano la scultura e che raffigurano delle monete
e altresì il fasto dell’Impero Romano.
Sempre più…, il titolo dell’installazione, vuole infatti sottolineare
questa preoccupazione e il modo di agire dell’uomo. Avidità e atteggiamenti
analizzati nella loro più ampia accezione della difficoltà umana di appagamento
e di continua rincorsa di qualcos’altro.