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termine di uno studio un’entità naturale ancora non classificata viene
associata per pura similitudine di forma a una specie definita. Nel dispositivo
della mostra in esame si tratta invece di un espediente arguto per dire del
vuoto referenziale in cui si muove un artista nel momento creativo, e più
ancora nello specifico per indicare il processo d’interrogazione e
formalizzazione alla base della ricerca di Paride
Petrei (Pescara,
1978).
Artista di paziente perizia grafica dall’ammirevole fluidità di tratto – un tratto sottile ma denso, curiosamente affine alla traccia calcografica di
un Jean Pierre Velly – Petrei ha costuito la sua
prima personale intorno a una serie di grandi carte d’insetti disegnati a biro
seguendo dettagliate descrizioni entomologiche, ma senza il raffronto con
modelli dal vero. Ne risulta una galleria di animali che, per quanto noti,
subiscono nell’immagine sottili mutazioni, metamorfosi dovute tanto alla
soggettività del descrittore che a quella del disegnatore, assumendo
un’inquieta alterità degna della fauna fantastica rinvenuta in quella cava di
Burgess che è stata all’origine di una delle maggiori rivoluzioni cognitive
nella storia delle scienze naturali.
Queste immagini si ritrovano, a seconda
delle sale espositive in cui si snoda la galleria, poste in cortocircuito con
una serie di sculture/installazioni. In un caso l’organicità plastica delle
forme – una serie di cannule contorte di terracotta che secernono acqua e
rumori – rimanda oscuramente alla naturalità organica propria delle grotte,
nell’altro la spigolosità dei manufatti – due piccoli modelli di bunker
realizzati in legno combusto – indirizzano invece il pensiero a spazi ipogei
fortificati e per questo fragili, prodotti di una violenza tipicamente umana.
questi diversi ambienti la loro società, proliferano, all’occorrenza convivono
con l’uomo senza per questo mai dipenderne, condividendo in una dimensione
ctonia d’inquieto futuro (intanto preparandosi pure a quella sopravvivenza
rispetto alla specie umana che i biologi danno concordemente per certa). Si
apre tuttavia un diverso spazio possibile, quello dell’eremo, ovvero di un
ritiro dell’uomo in un antro armonicamente consistente agli elementi naturali e
privo di conflittualità: lo esemplifica l’allestimento della terza sala
espositiva, dove da una pietra tagliata e inserita nella parete sgorga un’esile
ma persistente fonte di liquidi vivificanti – acqua, latte – il cui fluire
definisce intorno uno spazio di attenzione e raccoglimento profondi: a tendere
l’orecchio critico si può intendere l’eco di maestri come Wolfgang Laib o Joseph Beyus, ma senza che il rumore
citazionista sovrasti mai la voce già matura dell’artista.
Operazione ambiziosa, come si vede, quella di Petrei, che aspira a
farsi osservazione prima, discorso critico poi sulla società, a partire dalle
immagini di una natura altera ma imprescindibile. Un’operazione, sia pur detto,
importante, tanto più in tempi spesso dominati da meri espedienti estetici come
i presenti, e che candida il suo autore a voce di sicuro interesse nel discorso
artistico a venire.
Da
Cesare Manzo a Pescara
luca arnaudo
mostra
visitata il 23 dicembre 2010
dal 25 novembre 2010 al
15 gennaio 2011
Paride Petrei – Ex
imagine societatis
Galleria Cesare Manzo
Vicolo del Governo Vecchio, 8 (zona piazza Navona) – 00186 Roma
Orario: da martedì a venerdì ore 16-20; sabato ore 10-13
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0693933992; roma@galleriamanzo.it; www.galleriamanzo.it
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