Circa un anno fa, un’ambiziosa mostra romana,
Idea. Disegno italiano degli anni novanta, si proponeva di mappare le più aggiornate vie del disegno, con ciò sancendo un rinnovato interesse verso tale mezzo espressivo e la sua tipica freschezza visiva.
La rassegna in corso alla Galleria Endemica -ultima nata nel sempre più vivace quadrilatero espositivo romano stretto intorno al Macro di via Reggio Emilia- s’indirizza propriamente lungo la linea appena tracciata, riprendendo un’esperienza espositiva maturata nel contesto di alcune gallerie milanesi e torinesi, prestatrici delle opere. Simile collettiva, va da sé, non può avere pretese di sistematicità, ma si propone come un proficuo momento rapsodico di riflessione circa mezzi e fini del disegno contemporaneo. Come sottolinea a catalogo il curatore Mimmo Di Marzio, il disegno ha infatti “
saputo rinnovarsi travalicando gli strumenti tradizionali come matita e carboncino e, attingendo a materiali e supporti più disparati fino alla grafica computerizzata, ha tuttavia mantenuto inalterata la potenza del proprio marchio”.
Vengono dunque riuniti sotto tale marchio una ventina di artisti che hanno fatto del disegno il proprio mezzo espressivo privilegiato, spesso tentandone i limiti con felice spregiudicatezza. La selezione risulta caratterizzata dall’incontro tra sensibilità anche assai diverse, ma che la misura dello spazio espositivo mette a loro agio nel dialogo degli accostamenti. È il caso della compresenza di lavori dal tratto più fumettistico-illustrativo -si vedano le stralunate figure di
Andrea Guerzoni, l’inventiva policroma di
Cristiana Depedrini o le ambientazioni musicali a pennarello di
Michael Rotondi– con altri dal taglio più introverso, ben esemplificato dai rovelli ritrattistici di
Alessandro Papetti e da due notevoli installazioni di
Marco Cirnigliaro e
Tamara Ferioli (quest’ultima, in particolare, da segnalare per l’algida drammaticità delle scene d’interni sentimentali).
La visuale offerta dalla mostra, peraltro, s’allarga anche oltre le preoccupazioni vivaistiche nazionali, come dimostra la presenza del tedesco
Kinki Texas, della polacca -ma torinese d’adozione-
Gosia Turzeniecka e, con menzione speciale per l’eleganza astratta dei lavori esposti, del francese
Yves Le Duc. Interessanti esempi di una “cultura della carta” che, dall’estero, sembra finalmente farsi strada anche in Italia.