Minimo comune denominatore della doppia personale curata da Giacomo Zaza alla galleria La Nuova Pesa è il tema della natura, interpretato con spirito antitetico da Marco Bolognesi (Bologna, 1974) e Federico Cavallini (Livorno, 1974). Quanto il primo sfrutta i linguaggi elettronici per piegare gli elementi naturali ad un’immagine glamour e patinata, artificiosamente ricreata dall’estetica digitale; tanto il secondo si ritrae verso un’arte povera intimista, seguendo i ritmi lenti della natura o cercando di imitarne le capacità di trasmutazione. Come accade in una serie di lavori su carta colorata realizzata tra il 2002 e il 2005, dove sperimenta una tecnica di scolorimento basata sull’azione combinata di varechina e olio di lino, che si legano chimicamente al supporto modificandolo.
L’installazione ambientale che occupa una delle sale è invece composta da un velario di foglie ridotte da un parassita alla sola nervatura: un esile scheletro organico che sfida l’imprevedibilità di un moto d’aria o forse, in senso figurale, l’anima tecnologica della società contemporanea. L’artista racconta, con partecipazione e impotenza, l’evolversi di un silenzioso processo biologico di vita-morte, che documenta meticolosamente anche in un libro-oggetto in cui tutte le foglie sono riprodotte. Frutto di un lungo lavoro di raccolta e catalogazione compiuto tra l’agosto del 2003 e l’ottobre del 2006 nella campagna attorno a Livorno, quest’opera ha accompagnato il trasferimento di Cavallini dalla provincia alla capitale ed è l’omaggio a un mondo “altro” cui l’artista aderisce affettivamente, tanto da inserire un oscilloscopio sincronizzato sul proprio battito cardiaco.
Per quanto riguarda Marco Bolognesi la mostra è stata l’occasione per esporre alcuni lavori appartenenti al nuovo ciclo Black in black (oggetto della personale curata a febbraio da Gianluca Marziani alla Galleria Contemporanea di Pescara), dove il carattere fashion e gli accenti barocchi dell’immagine sono impegnati in un serrato gioco monocromatico, e le fotografie del progetto Woodland, commissionato all’artista dall’Istituto italiano di Cultura a Londra nel 2003 e terminato nel 2005 con la pubblicazione del catalogo omonimo (Bomar Edition, London 2006). Sono immagini ad effetto, costruite in vitro nei set di posa con l’aiuto dell’alta definizione e manipolazioni in post-produzione, nelle quali prendono forma identità femminili artificiose e ibride, ninfe compiacenti di un mondo di sadica superficialità, dove l’immagine della donna è ridotta a una “trovata” da copertina e la natura a un pixel di colore, ancora meglio se ton sur ton.
Certo è che se l’arte deve rispecchiare la realtà contemporanea, non può limitarsi a fornire semplici annotazioni a margine, senza riuscire a suggerire almeno la possibilità di un pensiero davvero nuovo e originale. Forse anche –perché no– coraggiosamente ribelle.
francesca franco
mostra visitata il 22 gennaio 2007
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