Certo non è agevolmente raggiungibile la Sinagoga di Ostia Antica, ma la passeggiata è ripagata dalla qualità delle opere allestite per la nuova presentazione di
Arteinmemoria. Giunta alla sua quinta edizione, dopo l’iniziale confusione (la prima risale al 2002), la biennale finalmente ha raggiunto la propria cadenzata regolarità. Organizzata dalla Fondazione Volume!, è curata sin dall’inizio da Adachiara Zevi, che non manca di sottolineare come Ostia sia la dimostrazione “
che l’antico e il contemporaneo possono coesistere, integrarsi e completarsi in modo armonico”.
Com’è noto, la scelta della Sinagoga di Ostia Antica è avvenuta allorquando si è deciso di organizzare nella Capitale alcuni eventi per la Giornata della Memoria. Creando una sorta di parallelismo e di dialogo con la Sinagoga di Stommeln – che già dal 1990 organizza simili iniziative -, anche in quella romana gli artisti sono invitati a realizzare opere site specific. Il luogo, con la sua portata storica e simbolica, l’ubicazione e il contesto, ha un ruolo determinante, qualificando le scelte di chi è chiamato a confrontarsi con esso.
La voce di
Marco Bagnoli è una suggestiva installazione che si colloca nel luogo più sacro della sinagoga, l’edicola della Torah. Una lunga scala in ferro con le proporzioni invertite – verso il basso si restringe e i pioli sono più ravvicinati – parte dal terreno e rimane apparentemente sospesa in cielo. Sui montanti sono scritti, in ebraico, i nomi dei settantadue angeli, scanditi da una voce proveniente dall’interno della nicchia.
Di maggior respiro e legata alla vita dell’artista è
Principio con testimone di
Gianni Caravaggio. In una continua contrazione e dilatazione, l’artista abruzzese ha immaginato una porzione lunare su cui sono poggiate alcune sfere rappresentanti altrettanti pianeti, pronte per essere lanciate nello spazio; il testimone è l’artista stesso e la porzione lunare corrisponde al palmo della sua mano; quella mano che dà principio a tutto, prendendo e lanciando le sfere. Completano l’opera alcune lastre in marmo, sparse tra i ruderi, con i segni lasciati dall’impatto dei piccoli globi e un masso argentato che si è fuso con i resti archeologici.
Lo stupore è nuovo ogni giorno (manna) è la seconda opera di Caravaggio, sistemata nella stanza di servizio a fianco del forno per la preparazione delle azzime. Passando della farina attraverso i buchi su un vetro sabbiato, Caravaggio ricrea la costellazione della sua nascita.
Letanías del recuerdo è l’intervento di
Susana Solano, che si colloca in una zona di passaggio. Accanto alla vera di pozzo – nella quale è inserito un disco di marmo bianco -, l’artista spagnola ha sistemato una lastra del medesimo materiale, su cui sono riportate le stesse striature della vera, ri-creando così una simbolica relazione.
Transmutation, d’une mosaïc à l’autre è infine il grande “tappeto” in marmo bianco e granito nero costruito da
Daniel Buren a partire da un frammento musivo.
Lavori, quelli realizzati quest’anno, che si affiancano a quelli permanenti di
Sol LeWitt e
Gal Weinstein (2002) e di
Pedro Cabrita Reis (2005).