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sulla rappresentazione del corpo sotto il sole di un’invenzione al contempo
furibonda e controllata – dove tanto l’ordine che il furore originano da una
cultura di rara profondità, umanistica nel senso più nobilmente desueto dell’espressione
-, le composizioni di Simone Pellegrini (Ancona, 1972; vive a Bologna) sconcertano a un
primo sguardo per poter rapidamente spostare e catturare il secondo entro mondi
di esuberante esoterismo.
La mostra, organizzata intorno a una serie assai recente
di lavori di medio formato a valle di una precedente esposizione (presso la
galleria Cardelli & Fontana di Sarzana) volutamente più incentrata su
elementi procedurali del lavoro dell’artista, appare in questo senso esemplare di
una ricerca personale densa, singolarmente matura, retta da un’iconografia che
mescola con sapiente dismisura prassi e stilemi di tradizioni antiche con una
sensibilità profondamente contemporanea.
Quanto alla tecnica, i lavori di Pellegrini sono
realizzati su pergamene strappate e ricomposte, distese ad accogliere una somma
di immagini originariamente disegnate su frammenti cartacei, oleate e trasposte
con un procedimento a matrice al termine del quale gli originali finiscono
solitamente distrutti; le medesime immagini vengono quindi arricchite con
interventi a colori naturali che, come nel caso dei contorni, rimandano alle
illuminazioni tipiche dei codici miniati.
Nel bel catalogo che accompagna la mostra sono riprodotte
le pagine di alcuni libri letti e ricoperti di schizzi dall’artista
(direttamente esposti nella mostra di Sarzana): se ne desumono sia ascendenze e
frequentazioni culturali utili a ricostruire la traiettoria spirituale di
Pellegrini, che le tracce più schiette dell’estro creativo precedente il
progetto compositivo finale. Scorrono così La scala di luce di As-Sulami, gli Appunti
sulla melodia delle cose di Rilke, Il simbolo e la forma di Florenskij, tutti titoli che potrebbero pure
ben attagliarsi alle proliferanti immagini appese alle pareti della galleria.
Inserite in scene degne di bestiari o atlanti anatomici
medievali, le figure disposte sulla pergamena paiono in effetti cercare un
liberatorio scioglimento dalla propria origine umana in un inedito continuo, a
suo modo melodico, tra forme e simboli, prese nella fitomorfosi di intrichi di
linee ora accesi da elementi di rosso infuocato, ora assorbiti dal nerofumo di
un bordo o un gorgo del foglio.
L’esito è un immaginario che richiama una molteplicità di
fonti più o meno vicine (senz’altro Bosch, ma anche il miglior Clemente transavanguardista), tutte ben
tenute a bada, attinte con un criterio creativo che anche nella sua pratica
aspira a una meditata giustezza (la stessa, del resto, a cui allude il titolo
della mostra, JUS il giusto nel suo mondo).
Impervia ma non per questo fredda o respingente, l’opera
di Pellegrini si distingue così per la sua autorevolezza e, pur tradendo una
capacità generativa virtualmente infinita rispetto a una cifra espressiva ormai
pienamente acquisita, lascia intendere ampi margini di ulteriore sviluppo. La
speranza è che questi si possano apprezzare in altre mostre sorprendenti come
quella qui segnalata.
Personale
torinese
luca arnaudo
mostra visitata il 7 luglio
2010
dal 17 giugno al 15
settembre 2010
Simone Pellegrini – JUS
il giusto nel suo mondo
a cura di Adriana
Polveroni
Galleria Giacomo Guidi
Arte Contemporanea
Vicolo di Sant’Onofrio, 22/23 (zona Gianicolo) – 00165 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 10.30-13 e 16–20
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel./fax +39 0696043003; info@galleriagiacomoguidi.com;
www.galleriagiacomoguidi.com
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