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fino al 15.V.2010 Tactile Gaze / Oliver Clegg Roma, Unosunove
roma
La forza di un’idea si misura anche attraverso la sperimentazione continua del linguaggio artistico. E i giovani, che si ispirino o meno alla tradizione, dimostrano di non avere affatto paura di andare controcorrente...
di Marzia Apice
Nelle grandi e luminose
sale della Galleria 1/9 trovano spazio due differenti progetti, del tutto
slegati tra di loro, eppure complementari.
Il visitatore è
accolto da principio dalla collettiva Tactile Gaze, nata dall’unione delle opere di
un trio di giovani artisti internazionali: Talia Chetrit da Washington, Magali Reus dall’Olanda e Dan Shaw-Town dalla Gran Bretagna. I tre
artisti utilizzano tecniche differenti per ottenere il medesimo risultato: rivelare
il valore del tatto (da qui il titolo della mostra) e della materia tramite un
approccio che ha nella sinestesia tutta la sua forza.
Se Chetrit si sofferma
sulle potenzialità della luce e dell’ombra, riscoprendo la fotografia analogica
(la pellicola sembra catturare il “peso” della materia, restituendolo
nell’immagine in tutta la sua pienezza), come si vede nell’opera Mask, se ancora Reus sceglie materiali
industriali, spogliandoli del significato che hanno nel loro utilizzo abituale
per ricollocarli nello spazio e far acquisire loro un nuovo, inedito senso
estetico, Shaw-Town riproduce, con grande abilità manuale, l’intreccio di tele
e tessuti attraverso il disegno a matita, impreziosendo la carta – che sembra
in un certo senso “vissuta” – con la pratica artistica.
Visti in un’ottica
così orientata al potere sensoriale, questi artisti non creano, ma rielaborano,
personalizzandolo, ciò che incontrano nello spazio circostante, esplorando
l’ambiente e cercando di rivelarne le segrete possibilità espressive. Per
farlo, e per diventare loro stessi protagonisti, sfruttano le diverse
tecnologie, piegandole al proprio volere e riducendo al massimo minimalismo il
linguaggio artistico.
Differente, ma non
troppo distante dalla prima sala, è ciò che si realizza nella project room
della galleria, dove prende vita il progetto Unosolo, per l’occasione dedicato
interamente al giovane artista inglese Oliver Clegg (Guilford,
1980; vive a Londra e Cornwall). In questa personale, dal titolo Shift, emerge
l’atteggiamento di Clegg nei confronti del tempo passato: dalla memoria (e
dagli oggetti che essa custodisce) nasce l’estetica delle sue opere e la fonte
dell’ispirazione.
Non
stupisce infatti scoprire che i lavori esposti sono eterogenei sia dal punto di
vista dei materiali utilizzati sia da quello delle tecniche di realizzazione:
pittura, incisione, intaglio, ricamo – tecniche “tradizionali” che Clegg
padroneggia – vengono affiancati a banchi scolastici, ante di credenze di epoca
vittoriana, vecchi fazzoletti di stoffa, nel tentativo di dissolvere la
distanza tra l’oggetto e la sua rappresentazione. Il soggetto di ogni opera
interagisce con il supporto sul quale è realizzato, creando un continuum tra il
dentro e il fuori.
Anche qui,
in linea con il trio Chetrit/Reus/Shaw-Town,
si celebra la materia e la sua capacità emozionale, evocativa, ottenuta con un
procedimento di “riduzione” del linguaggio: l’artista dà gli strumenti per una
nuova scoperta sensoriale, il fruitore deve solo saperli cogliere.
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mostra visitata il 21 aprile 2010
dal 14 aprile al 15 maggio 2010
Chetrit
| Reus | Shaw-Town – Tactile Gaze
Oliver Clegg – Shift
1/9 Unosunove Arte Contemporanea – Palazzo
Santacroce
Via degli Specchi, 20 (zona largo Argentina) – 00186 Roma
Orario: da martedì a venerdì ore 11-19; sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0697613696; fax +39 0697613810; gallery@unosunove.com; www.unosunove.com
[exibart]
Il lirismo tattile della materia, i giovani artisti internazionali (ri?)scoprono Marinetti, (neanche citato nel comunicato stampa della mostra…), lo faranno consapevolmente? Ah, saperlo…saperlo…
Veramente. Sembra quasi che le soluzioni più riuscite debbano riprendere necessariamente un certo poverismo di qualità, ormai storia del 900. E abbiamo bisogno di giovani artisti internazionali? Possibile che non si riesca ad andare oltre? Questo è ottimo artigianato. IKEA EVOLUTA: prendo una cassapanca vittoriana ci dipingo sopra e creo qualcosa di profondo e accattivante. Poi capisco anche che la galleria deve vendere dei prodotti, ma non si può ripensare leggermente alla definizione di prodotto? Il mercato dei prodotti non va benissimo, perchè non porsi qualche domanda?
Il problema, gentile Luca, è che nessuno ha il coraggio, o la forza, o la voglia, o il tempo, di uscire da questo epigonismo generalizzato e omogeneizzato: ora che ci penso il termine omogeneizzato mi pare adatto a questa generazione di artisti che ha genitori anziani che non li possono accudire, papà e mamme (forse anche nonnette e nonnetti) poveristi-installatori-montatori che facevano cose interessanti e innovative quando sono nato io, e non sono pochi anni, ma che oggi, dopo tante fatiche gloriose, meriterebbero di godersi la loro ben remunerata pensione in riviera.
Cosa ci vuoi fare del resto: il papà e la mamma sono poveri(sti) e stanchi, non hanno voglia di cucinare e ai bimbi affamati danno gli omogeneizzati, forse oltre all’Ikea (bella intuizione, comunque…) questa potrebbe essere una generazione omogeneizzata Nipiol.
Il problema è che i bimbi hanno poca voglia di applicarsi, a scuola il 6 lo strappano copiando senza fatica e anche i genitori poveri(sti) oggi sono più stanchi che mai e quindi anche l’omogeneizzato è povero, di vitamine e sostanze nutrienti; per caso, tu che vai in tanti posti, hai visto il cancello di Kounellis (che rimane un grande artista, per carità) che chiude i giardini di Santa Croce in Gerusalemme a Roma?
Sembra un lampadario finto-murrina in vendita in uno dei simpatici negozi di lampadari del raccordo anulare o di un qualunque centro commerciale italiano, oppure all’Ikea nella parte più “creativa” della zona lampadari andando verso le casse: come vedi, alla fine, l’omogeneizzato e l’Ikea si incontrano…Riusciranno i bimbi Nipiol a conquistare piatti più elaborati e saporiti? Ah, saperlo…saperlo…
Caro Paolo,
condivido le tue riflessioni. Ma senza piglio lamentoso e disfattista. Non per niente sono arrivato a questa diavoleria di sistema “sintetico” dove io stesso partecipo ad ogni ruolo. Questo non per stravaganza ma per definire una piattaforma autosostenibile. In fondo quello che tutti cercano di fare nella realtà, dovendo però scendere a piccoli compromessi che paralizzano necessariamente il format, i ruoli e il linguaggio.
Viviamo una paralisi critica, solo dopo la mia operazione qualcuno si è svegliato. Vediamo.
Caro Paolo, mi complimento per le tue operazioni, mi auguro che possano davvero avere la valenza che tu ti auguri, sarebbe un bene per tutti noi, lo dico seriamente.
Però, scusa, io non ho nessun piglio lamentoso, né disfattista, al massimo mi faccio due risate, sono nichilista, nel senso ben spiegato in questo video:
http://www.youtube.com/watch?v=s9-0-fa8Zf8
Cosa fa la tua, la mia, la nostra, la loro generazione? Ah, saperlo…saperlo….
In effetti mi devo scusare, il mio post precedente era diretto a Luca, dovevo scrivere “Caro Luca”, non “caro Paolo”, scrivo la sera quando sono stanco e oltre a essere nichilista, divento anche autoreferenziale (un po’ come molta arte contemporanea…) e anche rincoglionito, se poi non lo sono del tutto, lo sono? Ah, saperlo, saperlo…