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«Alt, farsi riconoscere», o se preferite «Fermete, e dicce chi sei», è l’invito con cui ci accoglie, anche in altre tre lingue europee, un cartello alla frontiera tra Roma e Nomas Foundation. Frontiera, perché quella è l’idea che pare voler evocare l’opera di Italo Zuffi appositamente realizzata per la sua ampia monografica da Nomas: un muro, un cartello, manca solo il filo spinato.
Ma Zuffi si fa riconoscere con questa mostra? Direi di sì, molte le opere e ben scelte.
D’altra parte il problema dell’identità, e dell’identità di artista specialmente, è una delle sue prime preoccupazioni, come rivela già il titolo dell’opera Quello che eri, e quello che sei – due mazzi di chiavi cieche, non intagliate, assolutamente identici – che è anche il titolo della mostra.
In Esponenti, ad esempio, una serie di scatti fotografici narra gli incontri casuali tra l’artista e un gallerista milanese tra il 2010 e il 2015, dopo il naufragio di un possibile rapporto professionale tra i due. La dichiarata casualità degli incontri non dissolve però il fantasma, comunque buffo e divertente, di una storia di stalking estemporanea.
Altro episodio inerente le dinamiche di ruolo del sistema artistico, e intrinsecamente ilare, per chi abbia voglia di spendere qualche minuto a capirne il meccanismo e la storia, è Zuffi per Bonami (2010), dove un altro rapporto professionale terminato infelicemente è metabolizzato in una performance apparentemente nonsense: due manipoli pseudo-militareschi si fronteggiano recitando «Zuffi per Bonami» e «Zuffi per Bonami, inglese!», le scritte esatte delle copertine di due cd – di cui i performer indossano anche l’immagine in forma di foulard attorno al collo – che contenevano il portfolio dell’artista da spedire al curatore Francesco Bonami, e che invece non vennero mai spediti, come l’artista apprese alla fine del rapporto con la galleria.
In un modo diverso, più intimista, la performance Flavio Staccato del 2012, tenutasi in apertura nel cuore dello spazio Nomas, narra l’incontro e il congedo tra Zuffi e un altro artista avvenuti in occasione di Artissima.
Eppure, identità o meno, l’opera che incanta di più è quella forse più ermetica e misteriosa, a cominciare dal titolo, Gli Ignari: un’installazione composta da alcune file di baccelli di fagioli (aumentati nel tempo, dal 2013 al 2015), riprodotti in ceramica, e dal suono di un sibilo, quasi il fischio di un vecchio bollitore, o di una pentola, che in barba a ogni spiegazione o alibi concettuale riesce a meravigliare solo con gli strumenti della poesia.
Mario Finazzi
Dall’11 febbraio 2015 al 15 maggio 2015
Italo Zuffi, Quello che eri, quello che sei
Nomas Foundation,
Viale Somalia 33
I-00199 Roma
Orari: da martedì a venerdì dalle 14:30 alle 19:00
Info: +39 06 86398381, info@nomasfoundation.com