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fino al 15.VII.2002 | Lo sguardo di Manuel Alvarez Bravo | Roma, Palazzo delle Esposizioni

di - 29 Maggio 2002

Apprezzato dal poeta Octavio Paz, da illustri fotografi come Edward Weston e Tina Modotti e da registi del calibro di John Ford e Luis Buñuel, in occasione del centenario della sua nascita è stata allestita al Palazzo delle Esposizioni una mostra dedicata interamente al grande fotografo messicano.
Per gustare a fondo la fotografia di Manuel Alvarez Bravo e comprenderne il messaggio, sarebbe necessario quello che Marc Augé chiama lo spostamento dello sguardo, quello sforzo intellettuale che permette all’osservatore di lacerare la superficiale evidenza della realtà, per scovare nuove prospettive di cui non si intuiva neppure l’esistenza. Si scoprirebbe allora che una donna, appoggiata con volto malinconico alla ringhiera di un balcone, non è altro che l’incarnazione di un’Illusione e che, camminando sul ciglio rialzato di una strada, si sfiora la percezione del tempo, racchiusa in un sussurrato Fra un po’. Il fotografo messicano, infatti, pare trascendere da ciò che l’attimo presente costituisce: le pose involontarie degli uomini, lo sguardo muto degli oggetti, la natura brulla del paesaggio. Eppure è proprio la realtà il mezzo indispensabile per elevarsi verso i luoghi in cui si nasconde la poesia più autentica, quella celata nel quotidiano.
Tra gli scatti di Alvarez Bravo tornano costantemente cavalli, uccelli, scale e gambe di donna, tutti soggetti che si presentano ogni volta in una veste diversa. Se le Scale divengono quelle del palo della luce, un Cavallo al galoppo non è altro che il disegno dell’animale su un ampio telo; così nel Ritratto assente, viene immortalata la stessa absentia, in una nuda veste accasciata sulla sedia, mentre la Bicicletta al cielo raffigura, in una prospettiva che non considera il contesto orizzontale, una bici incastrata in cima ad un lampione.
Alvarez Bravo gioca sulle coincidenze che sovrappongono uomini ed oggetti in pose insolite, sulle frasi ritratte su cartelli pubblicitari, sui titoli con cui abbina alle fotografie, significati che, apparentemente, sembrano altro dal soggetto rappresentato. Ed ecco che la morte, con il suo spaventoso volto applicato su quello di un uomo assassinato, diviene ragione dello sciopero dei lavoratori, invisibili presenze nell’obiettivo della macchina fotografica. Ad ogni immagine, infatti, le si dà un altro nome, come se l’artista messicano volesse suggerirci che ogni avvenimento del quotidiano non è che una circostanza. Ciò che conta, invece, è il piacere, la scintilla d’interesse che da tali immagini scaturisce. Emblematica, a tale proposito, è la frase con la quale egli era solito rispondere alle domande che chiedevano ragione della collocazione degli oggetti e delle persone all’interno delle sue opere: …perché mi piace. E a chi lo ha etichettato surrealista egli risponde limitando ad un’unica sua opera, La buena fama durmiendo, tale classificazione. Continuo a fare fotografie nello stesso modo, con la stessa finalità, che è poi quella di dare all’osservatore la possibilità, e la capacità, di entrare profondamente in contatto con i soggetti e i temi delle mie immagini: così si racconta, archiviando appositamente ogni possibile mistificazione nei confronti della realtà. I soggetti immortalati da Alvarez Bravo, infatti, non subiscono alcuna mediazione o falsificazione poiché la verità, sostanza astratta e spesso difficile da maneggiare, non necessita di altro da sé, per esplodere in tutta la sua violenza emozionale.
Lo sguardo caleidoscopico dell’artista, quindi, trasforma la strada brulla in un contenitore di magiche tradizioni e di schiusi misteri ed il Messico, terra in cui l’agave si schianta contro il cielo, diviene luogo ove le scene di vita quotidiana, si tramutano in metafore spirituali di un intero popolo.

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laura messina


Lo sguardo di Manuel Alvarez Bravo
Palazzo delle Esposizioni, Roma
via Nazionale 194 tel. 06 489411; Tutti i giorni 10-21, ch_mar. Ingresso libero


[exibart]

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