Arrivano per la prima volta a Roma i guerrieri di Sergio Fermariello (Napoli, 1961), arcieri e soldati ispirati a quelli dipinti dai nostri antenati Etruschi o dai Garamanti, antica popolazione di origine libica. Segni arcaici che hanno da sempre ispirato il lavoro dell’artista, che li ha realizzati modificandoli nella forma e su diversa scala: i più piccoli danno vita ad una sorta di calligrafia, i più grandi sono talmente sgranati da essere quasi irriconoscibili.
Tra i lavori realizzati per questa mostra, una quindicina in tutto, Fermariello presenta alcune grandi opere in metallo, una scultura murale dedicata al mare che racconta di un naufragio, e quattro grandi composizioni di guerrieri formate da due o tre superfici metalliche sovrapposte ed incise dal taglio perfetto del laser. Rispetto al passato questi segni risultano più astratti, le forme che si vengono a creare tra i pieni e i vuoti delle lastre sovrapposte li hanno trasformati, semplificati. Ma l’artista ci rassicura: “il cambiamento nel mio lavoro è costante anche se non tradisce mai l’elemento da cui sono partito. Perdersi in questi ‘labirinti’ sempre più astratti è voluto, ma l’archetipo del guerriero c’è e ci sarà sempre”. Completano la mostra una tavola, una piccola tela molto colorata e un gruppo di tavolette: le “scritture”, come ama chiamarle l’artista.
L’uso del metallo (acciaio e alluminio) è per Fermariello relativamente nuovo e nasce dalla collaborazione sempre più intensa dell’artista con gli architetti. Ne è un esempio il progetto presentato proprio in questi giorni a Milano che lo vede coinvolto con lo studio di architettura Corvino+Multari per il recupero a Napoli di un edificio del 1940 alla Mostra d’Oltremare, dove l’artista dovrà realizzare il rifacimento dell’intero
È forte il fascino che i lavori di grande dimensione destinati a spazi urbani esercita su Fermariello, che non lo nasconde: “mi interessa per motivi genetici, mio nonno, avvocato antifascista, è stato sindaco di Napoli nel 1945 ed è lui che ha fatto ricostruire il teatro San Carlo. Io a mio modo cerco degli spazi da ricostruire, amo collaborare con gli architetti e vorrei con loro realizzare delle piazze che oggi non si fanno più. E vorrei che qualcuno con doti quasi sciamaniche ci aiutasse ad identificare i luoghi più carichi di energia dove realizzarle”.
L’estremo rigore che Fermariello mette nel suo lavoro è espressione del forte legame che l’unisce alla tradizione classica e di una tensione verso un rinnovato senso estetico dove il bello va ricercato e perseguito in quanto fondamentale per la una necessaria apertura mentale troppo spesso dimenticata.
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che palle, Sergio! sono anni ormai che ci propini 'sti guerrierini!
Bravo Sergio, Bella mostra!
noia noia eterna noia... speriamo che non ci deprima...tornerò alla Zecchino d'oro... in fondo è più interessante!