Paradiso è termine antico, di origine persiana (“pairidaeza” indicava il giardino, il recinto, il verziere), ma se si presta fede alle dotte ricerche dei paleontologi – che fanno risalire al Paleolitico Medio, oltre 50.000 anni fa, le prime tracce di rituali per le sepolture indice di credenze in un aldilà – è facile vedere come in effetti il tema sia speranza e rovello per gli umani già da qualche tempo. La mostra prova ora a provocare nuovi sguardi, dal buco della serratura dell’arte, su un luogo-ideale tra i più importanti e fascinosi di tutta la storia, senza neppure cercare di celare l’intento abnorme, anzi dichiarandolo spavaldamente sin dal titolo. Trentadue artisti o gruppi di artisti italiani e svizzeri si ritrovano così nell’incanto recintato dell’Istituto, l’ottocentesca roccaforte di villa Maraini e il suo parco a due passi da Via Veneto, a presentare le proprie personali visioni del Paradiso, con esiti necessariamente vari e disparati.
I curatori, nei diversi testi in catalogo danno atto della complessità dei risultati, dipendenti dal fatto che “a differenza dell’Ottocento, quando il bene e il male dividevano il mondo dicotomicamente, oggi noi abbiamo a che fare con una grande ricchezza di progetti di vita possibili o fittizi” (Karin Frei), e, conseguentemente, anche di progetti artistici.
Alcune dicotomie archetipiche si contendono comunque il numero delle opere e degli allestimenti, ed è forse questo il dato saliente di una mostra che si candida sicuramente a essere tra le più significative dell’annata nazionale. A ben guardare, infatti, gli artisti sembrano essersi risolutamente divisi tra coloro che hanno svolto il proprio tema sbirciando sul foglio del redattore biblico, e alcuni più indisciplinati che guardavano su quello di Tommaso Moro o Karl Marx con le rispettive utopie. All’ingresso del parco si snoda così il gigantesco serpente gonfiabile di Victorine Müller, chiaro rimando alle tentazioni di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, tentazioni risuonanti anche nelle fotografie di Flor Garduño o nel video di Davide Cascio e Linda Cuglia, dove si assiste alla caduta sulla terra e alla perdizione di un angelo. Altri angeli, improbabili e inquieti, sono quelli meccanici di Franco Losvizzero, disposti a guardia dell’entrata della villa, al cui interno si consumano strane commistioni tra opere francamente stantìe (alcuni tappeti-natura in poliuretano espanso di Piero Gilardi, dove ancora una volta si rimesta il tema del giardino) e altre molto suggestive, giocate su una dimensione nostalgica che trasfigura la classica dimensione universale di alterità del paradiso in quelle più personali dell’infanzia e della fiaba. E’ il caso, in particolare, del Paradiso pegado di Nic Hess, una mappa del mondo composta con adesivi per bambini che giocosamente irride i seriosi ritratti a olio appesi in permanenza lungo lo scalone della villa, così come del Voyage d’Alice allestito da Mirjam Fruttiger nelle forme di un candido vestito appeso in una scenografica struttura metallica.
L’elenco e la rassegna, si capirà , potrebbe continuare ancora a lungo, per di più anche con nomi celebri come quelli di Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Loris Cecchini, Piero Pizzi Cannella, ma con poco guadagno per il lettore. Difficile, poi, trarre impressioni conclusive dalla quasi sempre felice eterogeneità della mostra: senz’altro da applaudire, ad ogni modo, è l’occasione che viene data per tornare a riflettere su un mondo ideale spesso dimenticato nel quotidiano, e di cui l’arte storicamente si fa una volta di più tramite.
luca arnaudo
Mostra visitata il 15 giugno 2006
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una delle mostre peggio allestite mai viste in Italia
Su tutti i lavori di Franco Losvizzero, Sara Rossi, Enzo Cucchi e l'ascensore...geniale!
Bella Mostra!
Finalmente qualcosa di nuovo!!
Ho visto la mostra ed è la mostra più bella della stagione 2005/06!
Sia per la tematica che per la selezione degli artisti.
Non mancano le mostre nella capitale ma la maggior parte dei vari Macro, Quadriennali e Biennali negli ultimi anni hanno mostrato una confusione e un clientelismo da brivido!
Ci sono gli artisti ma se non vengono da la Sansation di turno, in Italia, esterofili come talpe, noi non sappiamo che pesci prendere. Il punto è che i soliti quattro baroni dell'arte contemporanea dovrebbero cominciare a fare il loro lavoro: promuovere arte contemporanea in italia...non a riempirsi la bocca con chi è già promosso oltre la manica!
Insomma l'arte è una cosa seria e la tendenza va creata e non seguita da chi è pagato (e profumatamente) per veicolarla verso il grande pubblico. Danilo, Danilo vatti a vedere questa mostra e scoprirai che fare il curatore di eventi artstici è bello e creativo ma che un poco bisogna rischiare, sei il bello vuoi apparire!
Antonio Federici Strozza