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09
novembre 2009
fino al 15.XI.2009 Turi Simeti Roma, Pino Casagrande
roma
Il bianco e il niente assoluti. Ovvero, il pieno raggiungimento della totale riduzione del segno. Queste le dominanti dello spazio. Raffinato esito di un’acuta attenzione ai dettagli...
È palesemente un inganno della vista ciò che accade
entrando nella grande sala della galleria di Pino Casagrande. Perché, al primo
impatto, lo spazio appare vuoto.
Eppure sono lì, le opere di Turi Simeti (Alcamo, 1929; vive a Milano), ma
non sono immediatamente individuabili. Bisogna prima abituare la vista,
stropicciare gli occhi; solo allora si riesce a percepire la presenza o, meglio,
l’essenza delle “tele”. Solamente in un secondo momento, quando l’occhio si è
ormai assuefatto all’abbagliante luce, all’immacolato bianco delle pareti, al
candore dei quadri, si riescono a distinguere i profili. Quelli delle tele e
delle forme che le forzano.
All’improvviso sbucano fuori come da una nebbia, nella
quale lo spettatore sembra immergersi. E l’effetto, che l’artista stesso voleva
ottenere, “quello di un bianco totale che confonde e mimetizza le tele”, è raggiunto. Anzi, si può dire
che il sommo esito è pienamente ottenuto: una totale riduzione, che addirittura
riesce a far sparire i quadri. I quali, seppur figli dell’epoca che portarono
alla loro concezione, ovvero gli anni ‘60 (ottennero, infatti, l’ufficiale
investitura dal capostipite dei “torturatori” di tele, Lucio Fontana), tracciano il loro graduale
allontanamento nonché l’acquisizione di una radicale autonomia.
Sono tele principalmente di grande formato, la cui
superficie è deformata, “tirata”, dalle inconfondibili e minimali forme ovali,
che sono la cifra dell’artista. Forme che si moltiplicano, ruotano, si alternano
e gravitano. Che dall’interno spingono per uscir fuori, lasciando una sorta di
“impronta”, spesso sottolineata da una tenue ombra che si crea con la loro
accennata sporgenza. A volte sei, ma anche uno solo, ovali che cambiano
improvvisamente direzione e inclinazione. Una decina di tavole, tassativamente
bianche, che esprimono l’essenzialità del gesto.
A raccontare l’attività artistica di Simeti sono anche
altri lavori allestiti nello spazio che immediatamente precede il salone. Di colori
molto più netti e decisi – nero, rosso e giallo -, sono anch’esse
caratterizzate dagli ovali, che sembrano sistemarsi liberamente, senza un
preciso disegno, sulla superficie della tela. Ovali che hanno fatto giustamente
definire i lavori di Simeti “pitto-sculture”.
Sagome che infine riescono ad acquistare forma e volume in
una scultura bronzea, posta su un piedistallo. Come a isolare la cellula
archetipa da cui il processo è nato.
entrando nella grande sala della galleria di Pino Casagrande. Perché, al primo
impatto, lo spazio appare vuoto.
Eppure sono lì, le opere di Turi Simeti (Alcamo, 1929; vive a Milano), ma
non sono immediatamente individuabili. Bisogna prima abituare la vista,
stropicciare gli occhi; solo allora si riesce a percepire la presenza o, meglio,
l’essenza delle “tele”. Solamente in un secondo momento, quando l’occhio si è
ormai assuefatto all’abbagliante luce, all’immacolato bianco delle pareti, al
candore dei quadri, si riescono a distinguere i profili. Quelli delle tele e
delle forme che le forzano.
All’improvviso sbucano fuori come da una nebbia, nella
quale lo spettatore sembra immergersi. E l’effetto, che l’artista stesso voleva
ottenere, “quello di un bianco totale che confonde e mimetizza le tele”, è raggiunto. Anzi, si può dire
che il sommo esito è pienamente ottenuto: una totale riduzione, che addirittura
riesce a far sparire i quadri. I quali, seppur figli dell’epoca che portarono
alla loro concezione, ovvero gli anni ‘60 (ottennero, infatti, l’ufficiale
investitura dal capostipite dei “torturatori” di tele, Lucio Fontana), tracciano il loro graduale
allontanamento nonché l’acquisizione di una radicale autonomia.
Sono tele principalmente di grande formato, la cui
superficie è deformata, “tirata”, dalle inconfondibili e minimali forme ovali,
che sono la cifra dell’artista. Forme che si moltiplicano, ruotano, si alternano
e gravitano. Che dall’interno spingono per uscir fuori, lasciando una sorta di
“impronta”, spesso sottolineata da una tenue ombra che si crea con la loro
accennata sporgenza. A volte sei, ma anche uno solo, ovali che cambiano
improvvisamente direzione e inclinazione. Una decina di tavole, tassativamente
bianche, che esprimono l’essenzialità del gesto.
A raccontare l’attività artistica di Simeti sono anche
altri lavori allestiti nello spazio che immediatamente precede il salone. Di colori
molto più netti e decisi – nero, rosso e giallo -, sono anch’esse
caratterizzate dagli ovali, che sembrano sistemarsi liberamente, senza un
preciso disegno, sulla superficie della tela. Ovali che hanno fatto giustamente
definire i lavori di Simeti “pitto-sculture”.
Sagome che infine riescono ad acquistare forma e volume in
una scultura bronzea, posta su un piedistallo. Come a isolare la cellula
archetipa da cui il processo è nato.
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a Genova
daniela trincia
mostra visitata il 30 settembre 2009
dal 30 settembre al 15 novembre 2009
Turi Simeti
a cura di Patrizia Ferri e Gianluca Brogna
Studio d’Arte Contemporanea Pino Casagrande
Via degli Ausoni, 7/a (zona San Lorenzo) – 00185 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 17-20
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 064463480; gallcasagrande@alice.it
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