La serie fotografica ritrae una giovane famiglia ebrea a Coney Island,
località nota per il parco dei divertimenti entrato nella leggenda, avendo
incarnato “il grande sogno americano,
l’illusione di un mondo meraviglioso in cui tutti sarebbero stati felici”
(Woody Allen). Alle prime giostre, risalenti al 1876, seguì la costruzione di
tre grandi parchi, Luna Park, Dreamland
e Steeplechase Park, ma ciononostante Coney Island è andata incontro a un lento
e inarrestabile declino che, dal dopoguerra, si protrae fino ai giorni nostri.
Le foto restituiscono uno skyline paesaggistico suscettibile di una
lettura diacronica che genera interrogativi legati al futuro, a quanto rimarrà
di quel che è stato, di quel che ancora è, di una memoria condivisa che
costituisce la spina dorsale di un corpo sociale allargato. Il punto di vista
adottato da Zimmerfrei muove dalla greve pensosità del giovane padre e,
passando in rassegna la sua famiglia allargata, ci traghetta oltre la vastità
dell’oceano che giganteggia sullo sfondo fino alla terraferma, dove sono
visibili i lacerti di un grandioso sogno sfumato rimpiazzato da un’incalzante
speculazione edilizia.
I concetti di tempo, memoria e identità sono indagati anche nel film What we do and what we are, girato in rue de Laeken/Lakensestraat a Bruxelles
e presentato per la prima volta in Italia. Optando per una prospettiva
insolita, interna, al di qua delle vetrine dei negozi, il collettivo ha passato
in rassegna gli esercizi commerciali e le botteghe di una strada che negli anni
‘60 aveva conosciuto un boom economico tale da essere ancora ricordato come la belle époque, contrariamente all’attuale
degrado in cui versa.
La dimensione privata delle singole realtà commerciali è stata isolata
e messa a fuoco in un tempo variabile, dilatato, sospeso, con alcune sequenze
rallentate o accelerate, lasciando che spontaneamente affiorassero quelle
tracce e quelle atmosfere impercettibili nelle consuete dinamiche relazionali
tra commercianti e avventori. Ciascuna realtà ha contribuito alla
strutturazione di un racconto corale fatto di molteplici episodi, ai cui
protagonisti si chiedeva di confrontarsi col futuro e di immaginare la propria
attività dopo di sé, non tanto per un riferimento esplicito al tabù della morte,
quanto per evocare possibili tracce del proprio vissuto, attraverso una proiezione
personale declinata al futuro anteriore.
Di fronte a tali interrogativi, il futuro appare come “una figura retorica, un fantasma del
pensiero”, per usare le parole di Nabokov, che porta a rimanere in bilico
tra passato e presente.
Legato al film è il lavoro fotografico The Guardians, mentre
Untitled (di un dio minore) propone una conversazione privata,
un’intercettazione telefonica che solleva tematiche etico-sociali di stretta
attualità. In ultimo (Untitled 2010),
un divertente intervento site specific a valenza metalinguistica che consente di
“spiare” alcuni spazi della galleria attraverso un foro praticato nello
spessore di un muro divisorio.
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Zimmerfrei
a Bologna
A
Milano
A
Nuoro
anna saba didonato
mostra visitata il 4 novembre 2010
dal 4 ottobre al 15
novembre 2010
ZimmerFrei – Tomorrow is the question!
Monitor – Palazzo Sforza-Cesarini
Via Sforza Cesarini, 43a-44 (zona via Giulia) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 13-19
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0639378024; monitor@monitoronline.org;
www.monitoronline.org
[exibart]
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