Che sacro e profano possano sconfinare, in un dialogo serrato di botta e risposta, non è così imprevedibile. La sorpresa è però nella visibilità di accostamenti iconografici dissonanti. Come quella biondissima signorina vestita da cardinale -con un carillon a forma di pianoforte appeso al collo, rossetto rosso sulle labbra e scarpe trasgressive- protagonista della performance che Vettor Pisani (Ischia, 1934) ha ideato per l’inaugurazione della sua personale romana. Già nel titolo –Tina Rosencruz. Indirizzo telematico www.patatina.it– c’è l’ironia e il gioco, ma anche un linguaggio carico di simbolismi sul tema dell’erotismo. Attraverso manipolazioni grafiche le immagini di sante e di madonne, citate dalla grande tradizione artistica italiana (così la Santa Teresa berniniana alle prese con l’estasi o le madonne celestiali correlate a problemi compulsivi del nostro tempo, vedi Madonna anoressia e bulimia) diventano compagne di viaggio della porno diva patatina. Pisani, in fondo, non fa che seguire l’insegnamento di Georges Bataille, per il quale “ogni erotismo è sacro”.
Sul filone trash indaga, invece, Franco Silvestro (1960), artista alla sua quarta personale (dopo quelle del 1995 del 2001 e del 2003) nella galleria capitolina. Il lavoro che presenta in questa occasione è Neapolitan people, una scultura di ceramica bianca smaltata, su un’alta base di legno, che raffigura cinque omini, prototipi di personaggi qualunque che popolano il quotidiano e che si nutrono, più che della vita reale vissuta in prima persona, di quella fittizia eco di una fiction prodotta da un’emittente televisiva locale. “Si tratta del monumento all’ignoto, all’ignorato e all’ignoranza,”, scrive Martina Cavallarin, “del sacrificio rituale di menti smarrite nel tubo catodico, del condizionamento delle nuove istituzioni massmediatiche, di un vivere urbano tra violenze e frustrazioni, marciapiedi furibondi e lavori da inventare, ai margini del possibile.”
L’ultima tappa di questo iter espositivo conduce alle venti immagini fotografiche di Ileana Florescu Franchetti (1961), un lavoro molto poetico, con una forte musicalità. Anche in Rapsodie in blu (questo il titolo della personale) –“che potrebbe essere anche ‘Rhapsody in Brown’, perché mi sono ispirata ad alcuni lavori del pittore inglese Glenn Brown”, ricorda l’artista- il motivo dominante è quello dell’acqua. Per l’esattezza le vibranti variazioni che avvengono quando la materia (la prua di una barca) entra in contatto con l’acqua del mare. Silenzio, mistero e magia, ma anche un pizzico di sorpresa, sono tra gli obiettivi di una ricerca fotografica che, a dispetto delle apparenze, è ottenuta lavorando in manuale con una reflex tradizionale. “Sono affascinata dal digitale” confessa ad Exibart Ileana “ma in questo momento ritengo che sia una sfida poter dire che la realizzazione di paesaggi che parrebbero d’invenzione, sono ottenuti invece con la macchina e lo sviluppo tradizionale. Con le nuove tecnologie tutto è diventato possibile. A me interessano invece gli argini. Ho bisogno di dogmi: unità di tempo, luogo e azione.”
manuela de leonardis
mostra visitata il 16 febbraio 2006
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