18 dicembre 2000

fino al 16.IV.2001 Il volto di Cristo Roma, Palazzo delle Esposizioni

 
In uno dei luoghi più laici di Roma, trova spazio una mostra profondamente religiosa, che invita lo spettatore ad un cammino che non è solo storico artistico, ma anche di fede...

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Il tema, la rappresentazione del volto di Cristo, è indubbiamente particolare, e conclude con una riflessione questo anno giubilare costellato da diversi avvenimenti di stampo più o meno religioso.
La mostra ripercorre la storia della tradizione iconografica relativa al volto di Gesù dagli albori sino ad oggi.
La ricerca del volto di Dio, la cui visione era invocata in quanto avrebbe significato il raggiungimento della Salvezza, era presente già nell’Antico Testamento. Vedere il volto di Dio era però un’esperienza possibile solo in un’altra dimensione, che non fosse quella terrena, e la sua rappresentazione era vietata in quanto Dio era irrappresentabile. Cristo però, era il figlio di Dio fattosi carne, e si era manifestato in maniera evidente, rendendo concreto e visibile lo Spirito, “Chi vede me, vede Colui che mi ha mandato” (Gio. 12, 45), quindi la sua rappresentazione non era impossibile.
Il desiderio di possedere un’immagine di Cristo non si è però manifestato subito, perché le prime comunità apostoliche ritenevano imminente una Sua seconda discesa sulla terra, e quindi era ritenuto inutile avere un’immagine di Colui che presto si sarebbe visto di persona. Ma più il tempo passava più si spostava in avanti la venuta di Cristo, sino a raggiungere il termine escatologico della fine dei tempi. Fu allora probabilmente che cominciò a farsi vivo il desiderio di avere immagini che conservassero il ricordo dell’aspetto di Gesù.
Benché il rapporto con l’ebraismo e il suo divieto di rappresentare Dio, fosse sempre più lontano, le prime immagini di Cristo furono definite “Acheropite”, ovvero non eseguite da mano umana. La più autorevole di queste è indubbiamente l’Acheropita lateransens, che si vuole sia stata iniziata da San Luca e terminata dagli angeli. Questa effigie, oggi totalmente illeggibile, è stata l’immagine più nascosta agli occhi dei fedeli. Celata alla vista sin dall’antichità per vari motivi, ha dato luogo a poche riproduzioni, eseguite soprattutto in ambito romano-laziale. Tra queste riproduzioni, in mostra è esposta il Salvatore di Palombara Sabina.
Mandylion di Edessa dal Monastero di San silvestro in Capite, bizantino, anteriore al XIII sec.
Sempre Acheropite sono altre due testimonianze del volto di Cristo, capostipiti delle due maggiori tipologie iconografiche giunte sino ai nostri giorni: il Mandylion e la Veronica. In entrambi i casi si tratta di un telo che, posto a contatto con il volto di Gesù, ne è rimasto “impressionato” come una pellicola fotografica, e ne ha conservato l’immagine. Nel caso del Mandylion si tratta di un telo con il quale Gesù si asciugò il volto, e che venne poi inviato in dono al re Abgar di Edessa. La Veronica invece è un telo con cui una donna asciugò il volto di Cristo durante la sua salita al Calvario. I due teli conservano quindi due differenti immagini di Cristo: il Mandylion un’immagine serena, la Veronica un’immagine sofferente.
La ricchezza di immagini prodotte nell’ambito di queste due differenti tradizioni iconografiche, è testimoniata dai numerosi esempi che sono esposti in mostra.
Nella sezione dedicata al Mandylion abbiamo la straordinaria possibilità di vedere sia il Mandylion di Genova che il Mandylion vaticano, a lungo considerato la più antica riproduzione del volto di Cristo esistente al mondo.
La Veronica ebbe un’influenza ancor maggiore, e ne è testimonianza la ricchezza della sezione a lei dedicata. Conosciuta e riprodotta sin dall’antichità, la Veronica fu trasformata in una vera e propria immagine di culto da Innocenzo III (1198-1216). Con lui la Veronica divenne simbolo universale della Chiesa, e divenne meta dei pellegrinaggi romei. Conservata a San Pietro, il suo culto ha subito un arresto dopo il sacco del 1527 dei Lanzichenecchi, durante i quale il sacro telo fu trafugato. Dopo di allora si apre un mistero, poiché non si sa se il telo sia stato restituito oppure distrutto. Sulla questione della sua attuale esistenza, oggetto di dibattiti, non si sofferma la mostra, che invece vuole sottolineare la fortuna iconografica di questa “icona”. Copie o derivazioni della sacra immagine sono state eseguite anche da pittori come il Beato Angelico Cristo Coronato di spine,1450c., Van Eyck Cristo (copia), 1438, e Andrea Mantegna Cristo Doloroso, 1493.
La mostra presenta poi altri prototipi di immagini di Cristo: il Volto Santo di Lucca, la Sindone e lo smeraldo smarrito, o il vero profilo di Cristo. Quest’ultimo è una piacevole scoperta. Particolarmente diffusa tra il 700 e l’800, quest’immagine di Cristo è a noi pressoché sconosciuta. Non si conoscono bene le sue origini, ma pare che sia nata nel corso del Rinascimento, poiché prima non se ne hanno notizie. Inoltre la tipologia del ritratto di profilo, inciso su medaglie o dipinto, è tipica della nascente cultura rinascimentale che l’aveva mutuata dall’arte antica. Fra tutte le immagini relative a questa tradizione, in mostra è esposta la più antica, la Medaglia eseguita da Matteo de’ Pasti.
Chiude la mostra la sezione dedicata alla Sindone, di cui sono esposte alcune riproduzioni, e la prima fotografia, eseguita il 28 maggio 1898.


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silvia giabbani


Il Volto di Cristo, sino al 16/IV/2001. Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194. Aperto lunedi -domenica dalle 10.00 alle 21.00. Chiuso il Martedì. Biglietti: intero L. 15.000; ridotto (anziani e studenti) L. 8.000; bambini dai 6 ai 14 anni L. 2.000; gruppi minimo 10 persone L. 10.000. PdE Card valida 12 mesi L. 75.000 intera, L. 50.000 ridotta. Informazioni tel. 064745903. Catalogo Electa, L. 100.000.

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3 Commenti

  1. Ho visitato la mostra e l’ho trovata affascinante. Il crocifisso ligneo di Sansepolcro (sec. IX) è inquietante e bellissimo: ci fa comprendere come la fede sia un fatto senza tempo.

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