Nell’era del viaggio low cost, tutte le mete sono per tutti. Nell’era della fotografia digitale, si torna a casa con la
memory card piena, prova indiscutibile dell’
io c’ero. Straordinaria conquista o fenomeno dai risvolti pericolosi? Gli scatti di
Raffaela Mariniello (Napoli, 1961) insistono su un punto dolente: la trasformazione dei centri storici italiani in piazze a misura di turista, dove luoghi del vivere quotidiano vengono sostituiti da esercizi commerciali dal dubbio gusto estetico.
Da sempre interessata a rendere le diverse sfaccettature delle metropoli (italiane e non), la fotografa abbandona qui il bianco e nero a favore del colore e lascia gli scorci abitati per ritrarre vedute “visitate”, immagini divenute ormai convenzionali. Scriveva Susan Sontag a proposito del turismo di massa: “
Far fotografie, che è un modo di attestare un’esperienza, è anche un modo per rifiutarla, riducendola a una ricerca del fotogenico, trasformandola in un’immagine, in un souvenir”. Ed è proprio
Souvenir d’Italie il titolo della serie presentata a Paris Photo 2007, di cui lo Studio Trisorio espone oggi solo tre esempi.
Nelle fotografie dell’autrice napoletana non ci sono però le persone, con i sorrisi tirati nel classico
cheese. I luoghi raffigurati da Mariniello sono senza turisti, eppure divengono icone inequivocabili del turismo. La giostra in piazza Navona, lo rivendita di gadget in piazza San Marco, il chiosco di bibite e hot dog all’ingresso del Maschio Angioino. Tutte dimostrazioni di come sia possibile alterare l’essenza di un sito, trasfigurarlo fino a renderlo simile ad altri punti d’attrazione e, dunque, privarlo della propria identità.
Mariniello parla di realtà assimilata all’artificio. E, in effetti, la tecnica adoperata, con tempi di esposizione molto lunghi, rende questi scenari finti, illuminati a giorno da insegne e luci sfavillanti. Lo sfondo “monumentale” resta sempre leggibile, descrizione impeccabile del panorama visibile. Ma la città è in secondo piano rispetto alle nuove attrazioni che la abitano.
“
Orrore e bellezza si mescolano in una sorprendente reciprocità”, dice la fotografa. Storia e consumo divengono due facce della stessa medaglia. Ed è per questo che tali lavori portano a una riflessione più ampia, che investe le modalità e le finalità del viaggiare oggigiorno. Sembra appunto che i luoghi vadano “collezionati” e non goduti. Consumati, piuttosto che vissuti. Una variazione d’intenti che ha come conseguenza la banalizzazione delle singole entità, la trasformazione del tipico in kitsch. Un rischio che Mariniello racconta molto bene, con un linguaggio chiaro e dall’impatto immediato.
Le sue stampe colpiscono per i contrasti così netti, la composizione così equilibrata. E l’azzurro del cielo, così nitido. Quello, almeno, non lo si può cambiare.