Transformer (1973) è la prima immagine che s’incontra varcando la soglia della Nuova Pesa, e l’unica a colori. Identità sessuale, ironia, autorappresentazione; e poi messinscena di gusto teatrale, rigore formale (minimalista) per l’ambientazione. Tutti elementi costantemente presenti nella ricerca di
Jürgen Klauke (Kliding, Germania, 1943; vive a Colonia) che si esprime attraverso l’uso del mezzo fotografico.
Fin dall’inizio, infatti, la fotografia è per lui strumento di documentazione. Giacomo Zaza parla di “
performance da camera” introducendo il lavoro dell’artista tedesco, presentato per la prima volta a Roma, che include cicli più recenti come
Aesthetische Paranoia e
Wackelkontakt del 2003-2006. “
Come un ‘camaleonte’ solitario, sospeso tra divertimento e malinconia -scrive Zaza-
Klauke attraversa le sfere oniriche e inquietanti dell’identità, ribellandosi alla rilassatezza e agli agi della vita attuale”. Tra i lavori storici c’è
Philosophie der Sekunde, diciassette ritratti in bianco e nero che inquadrano, in sequenza, il volto di Klauke in una sfumatura di variazioni. La ricerca è evidentemente sull’identità, sul doppio, sullo sdoppiamento. Autoscatti in cui la posa non dura che pochi secondi. In
Desastroses Ich il dialogo è invece con oggetti avvolti in una dimensione metafisica.
Anche i titoli hanno la loro importanza all’interno dell’autonomia delle opere:
Transformer,
Philosophie der Sekunde,
Desastroses Ich (Il disastro dell’Io),
Beziehungsgeflecht (Intrecci relazionali),
Wackelkontakt (Contatto difettoso),
Aesthetische Paranoia. “
Il titolo ha un’accezione filosofica, letteraria e, nello stesso tempo, anche poetica -spiega Klauke-
. È come se aleggiasse nella lettura dell’opera, ma non è un modo per affrontarla in senso narrativo. È solo un suggerimento. Il mio lavoro è concentrato sull’immagine, sulla scena in cui si muove il personaggio. Tutto è giocato sui movimenti. In ‘Aesthetische Paranoia’ i capelli ci sono realmente, lunghi, inquietanti… Dallo spostamento dei capelli nasce l’immagine stessa”.
Una traduzione del proprio corpo -del suo personaggio- che, nel tempo, viene elaborata e sviluppata ogni volta in maniera diversa. Anche gli accessori sono elementi preziosi per entrare nell’immagine. In
Wackelkontakt, i capelli di
Aesthetische Paranoia diventano cavi aggrovigliati, fili elettrici collegati a prese difettose. E l’ironia lascia il posto all’inquietudine.
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grande Klauke! fantasmagorico. esprimere con la fotografia questi concetti la ritengo una genialità. perchè è come rendere reali delle allucinazioni, con la pittura puoi inventare, con la fotografia tutto è reale e come reali sono questi pensieri.