Non
è affatto casuale che sia proprio la serigrafia del 1984 intitolata
Viva
Italia ad aprire il percorso
espositivo che il Museo Fondazione Roma dedica a
Niki de Sant Phalle (Neuilly-sur-Seine, 1930 – San Diego, 2002) e che
si conclude con un assaggio del
Giardino dei Tarocchi di Garavicchio.
Ricreata
ad hoc è l’atmosfera autunnale (con tanto di foglie vere sul pavimento e rumore
del vento che scuote gli alberi della Maremma) dell’avventura più impegnativa
dell’artista francese – luogo d’incontro tra uomo e natura – a cui si dedicò
dal 1979 al 1986. “
Nel 1955 andai a Barcellona e vidi per la prima volta il
meraviglioso Parco Güell di Gaudí”, ricordava anni dopo. “
Capii che mi ero imbattuta nel mio maestro
e nel mio destino”.
Un
altro incontro magico avrebbe dato la svolta alla sua vita, quello con
Jean
Tinguely che, fra l’altro,
l’avrebbe introdotta nel gruppo del Nouveau Réalisme. Il loro non fu solo un
intenso rapporto sentimentale, come dichiarano le opere in mostra
Sarai sempre
il mio amore o
Jean nel mio
cuore, ma anche un sodalizio
professionale: tra le opere che firmano insieme, la
Fontana Stravinsky al Beaubourg.
Bellissima
la fotografia in bianco e nero, a grandezza naturale, che la ritrae in rue
Montfaucon, nel 1961, insieme a un sorridente
Jasper Johns. Al numero 8 della via parigina si trovava la
Galerie J (di proprietà di Jeanine de Goldschmidt, allora moglie di Restany, il
critico che teorizzà i nouveaux réalistes), dove proprio in quell’anno fu
organizzata la prima personale di Niki de Saint Phalle.
A
quel periodo risalgono i primi assemblaggi, spesso uniformati dallo strato
bianco di gesso o vernice, anticipati dall’
Autoritratto del 1958-59, in cui il collage-mosaico che delinea
la figura è ottenuto dalla convivenza di perline di legno, chicchi di caffé,
bottoni, strass, sassolini… Anche “miti” come Marilyn o la Statua della
Libertà saranno reinterpretati, o meglio smitizzati, nel linguaggio
dell’artista, che dalla seconda metà degli anni ‘60 è sempre più orientato
verso un coloratissimo stile
naïf.In poliestere dipinto nascono le
Nana, girl rappresentative di una
femminilità complessa: danzanti, ironiche, materne, smisurate, apparentemente
gioiose, o anche statiche come la
Big lady (Black) che, imponente (con i suoi oltre due metri d’altezza)
indossa scarpe rosse e una borsetta verde bon ton.
Anche una religiosità esasperata attraversa l’opera
di de Saint Phalle (
Cattedrale, ad esempio), che si traduce in
spazi magici in cui esorcizzare la caducità temporale. L’arte, per lei, è
sempre stata uno strumento terapeutico, liberatorio nell’affrontare gli incubi
dell’inconscio, le allucinazioni esistenziali.
La notte scorsa ho fatto un sogno, recita il titolo
dell’assemblaggio di 17 pezzi, datato 1968-88. Ci sono il cuore, il sole, il
serpente, la Nana, le labbra dipinte…