Certo, leggere il nome di Talete all’ingresso della mostra sortisce un effetto un po’ intimidatorio. Ciò che si immagina salendo le scale d’ingresso è un approfondimento intellettualistico sull’uomo e sul suo rapporto con l’acqua; una riflessione ecumenica che richiama le sagge teorie di quel primo pensatore del mondo occidentale. E invece no. Non c’è nulla di più stimolante che scovare con gli occhi e con la mente tutte le infinite creazioni surreali del madrileno José Molina. I presupposti sono ovviamente quelli elencati e l’elemento acquoreo supporta e motiva tutto l’iter espositivo senza soluzione di continuità, ma è Molina il vero protagonista della mostra. Una meditazione personale, intima delle più intime riflessioni antropomorfe, oniriche, folli e vagamente disturbanti del suo autore.
Fino al 17 gennaio l’antica arancera di Villa Borghese ospiterà i dilemmi ancestrali dello spagnolo, selezionati con cura da Roberto Gramiccia per la mostra L’acqua di Talete. L’esposizione raccoglie tredici opere tra dipinti ad olio, sculture e disegni a matita grassa su carta che sintetizzano oltre un decennio di lavori dell’artista. L’idea è quella di riunire i lavori nei quali Molina evidenzia quel legame profondo che lega l’uomo, suo soggetto prediletto, al liquido vitale. L’acqua non come sfondo di banali paesaggi marini, ma come spunto di riflessione sull’esistenza umana: l’acqua è il fluido che ci culla nei primi mesi di vita, è elemento costituente del nostro organismo biologico così come del pianeta Terra ed è nutrimento indispensabile per la sopravvivenza della specie umana.
Un sentimento barocco lega le ambizioni mondane che l’edificio ospitante ebbe nel corso del Settecento, elevato a Casino dei giuochi d’acqua, e il gioco di colori e scherzi della natura che si susseguono nella mostra. Nelle mani sagge del madrileno ogni segno di matita si tramuta in formazioni antropomorfe dall’estetica inquietante e allo stesso tempo attraente. In Marte nascente un giovane uomo-tricheco con posa da modello si lascia vanitosamente scrutare di spalle come la formosa Susanna di Tintoretto. E in Venere nascente, a completare il dittico con Marte, una donna dalle gambe a becco di tucano si erge a contraltare femminile della vanità umana nello sfondo comune dell’acqua creatrice di vita. Per comprendere a pieno il microcosmo di Molina è però necessario immergersi nei rebus metafisici de La Rinuncia e I pesci che nuotano controcorrente. Estrapolati rispettivamente dalle collezioni Predatores e Los Olvidados, i due lavori esprimono a pieno il legame imprescindibile che l’uomo possiede con la Natura e le creature animali ancor prima che con l’acqua. Egli è un po’ totem, un po’ volatile divinizzato, poi uomo-pesce che come i salmoni controcorrente rischia la vita pur di distinguersi dalla massa. In realtà sembra quasi di rivedere i pesci dal volto umano che ne Il senso della vita di Terry Gilliam commentavano dall’acquario la morte di un loro amico ora servito in un ristorante gourmet.
È difficile distogliere lo sguardo dalle creazioni fotografiche di Molina che nitide, folli e così umane, ipnotizzano come i disegni di Escher, non ci si stanca mai di guardarli.
Il risultato è un percorso unitario e coerente che non scade mai in banalità e vuoti di senso e lo spettatore finisce per identificarsi con l’immaginario surrealista di Molina, gravido di un messaggio piuttosto chiaro: è giunto il momento che l’uomo torni a porsi gli stessi quesiti di quel Talete che faceva dell’acqua l’inizio e la fine del percorso esistenziale umano. E forse a prendersi un po’ meno sul serio.
Giulia Fonzi
Mostra visitata il 10 dicembre
Dal 29 novembre 2018 al 17 febbraio 2019
José Molina, L’acqua Di Talete
Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, Roma
Orari: da martedì a venerdì ore 10.00 – 16.00, sabato e domenica ore 10.00 – 19.00
Info: www.museocarlobilotti.it