È una mostra singolare quella curata da Achille Bonito Oliva, ma organizzata da Fulvio Caldarelli, vero conoscitore dell’opera dorflesiana, sul lavoro pittorico dell’artista e critico triestino: procede a ritroso, ovvero dagli anni più recenti – che occupano la maggior parte delle sale – sino ai primordi degli anni Trenta, con poche brevi parentesi sulle belle opere di ceramica e di gioielleria.
Quasi come intermezzi sono presentati documenti, foto di famiglia e lettere, documentari, volumi di critica: pensate solo a quanti artisti e intellettuali ha potuto conoscere Dorfles, allegramente centocinquenne, lungo tutto il Novecento e oltre (e se ancora siete scettici, ricredetevi dopo aver letto le 864 pagine di Gillo Dorfles. Gli artisti che ho incontrato, dove sono raccolti tutti i testi da lui scritti sui principali maestri con cui è entrato in contatto solo tra gli anni trenta e gli anni sessanta). Oltre che una mostra di pittura, è dunque anche una mostra sul personaggio Dorfles oppure, meglio, sui personaggi Dorfles, vista la eterogeneità dei suoi interessi (a proposito, lo sapevate che si era laureato in neuropsichiatria?).
E in particolare si approfondiscono Dorfles-critico, estroverso, sempre vigile e attento ai mutamenti del tempo, e dell’arte e della società, e Dorfles-pittore, introverso, fermo e congelato nella sua certezza linguistica.
Per chi era abituato a conoscere Dorfles principalmente nella sua veste di critico e teorico – e cito per tutti il volume sul kitsch – è una sensazione assai straniante vederne così tanta opera pittorica. Che poi sembra dividersi principalmente in due tranches.
Le opere della prima fase escono da una ricerca pittorica inquietamente oscillante tra tentativi astrattisti – inizialmente pervasi di sapori antroposofici, che Dorfles assorbì durante un suo soggiorno giovanile presso il Goetheanum di Dornach – interessi psicopatologici – v’è una bella serie di matti caricaturali – e vie surrealiste, sino ad arrivare alla distillazione del MAC, Movimento per l’Arte Concreta (di cui in mostra sono presenti molti cataloghi, manifesti e altro) nel 1948, insieme ad Atanasio Soldati, Bruno Munari e altri.
Dopo un intervallo che interessa i decenni sessanta e settanta, in cui Dorfles sembra aver abbandonato la pratica artistica, e si dedica esclusivamente all’attività accademica e di critico militante, l’attività pittorica riprende copiosamente dagli anni ottanta a oggi (delle tele sono firmate 2015!), ma avendo perso, almeno in apparenza, quella carica di frenetica sperimentazione che la aveva contraddistinta inizialmente: interrottasi la ricerca, le opere appaiono ripiegarsi in una sterile ripetizione dell’ultimo linguaggio trovato, entrando in una sorta di sospensione temporale. La pittura, per Dorfles, sembrerebbe dunque diventare, in questa ultima fase, cosa più intima e personale, forse diaristica, quasi l’artista-critico la praticasse soltanto per suo piacere, e senza pretese professionali.
Mario Finazzi
mostra visitata il 14 febbraio
Dal 27 novembre 2015 al 17 aprile 2016
Gillo Dorfles, Essere nel tempo
Via Nizza, Roma
Orari: da martedì a domenica ore 10.30-19.30