C’è chi oltreoceano inserisce il lavoro di
Yosuke Ueno (Yamaguchi, 1977; vive a Tokyo) nella corrente del surrealismo pop-cosmico. Sicuramente l’atmosfera che si respira nei lavori di questo giovane ma lanciatissimo artista (recentemente ha partecipato alla collettiva
BSFA – Billy Shire Fine Arts alla DVA Gallery di Chicago e in precedenza anche a
Tokyo Wonderwall al Museo di Arte Contemporanea di Tokyo) è onirica e fiabesca. Dopo
Elefantasia, la personale del 2006 che ha segnato il suo debutto europeo, Ueno torna da Mondo Bizzarro con un nuovo lavoro,
Scissors and Butterfly, particolarmente emblematico.
Dipinti e disegni a matita o a china in cui è costante il motivo chiave di due elementi, forbici e farfalla, associati a bambine-bambole dagli occhioni leggermente a mandorla -totalmente prive di malizia, proprio perché appartengono al mondo incontaminato dell’infanzia e all’innocenza che simboleggiano-, folletti meccanici, mostri dall’aria innocua, teschi.
La presenza di quest’ultimo, in particolare, attutita dalla leggiadria dei colori di tonalità pastello, è una sorta di
memento mori, come nella più tradizionale lettura iconologica, ma anche uno spunto di riflessione per l’autore, fin dalla sua adolescenza.
Partendo da una rivelazione casuale, Ueno ha colto nelle due forme antitetiche di forbici e farfalla (una appartiene al mondo animato, l’altro inanimato; una fredda, tagliente e monocroma, l’altra calda, morbida e colorata; il maschile e il femminile ecc.) un luogo comune: lo stesso gioco di simmetrie. Spostando poi il linguaggio su un piano simbolico e attingendo alla propria cultura d’origine, quelle stesse forbici e farfalle diventano lo yin e lo yang, gli opposti che si fondano nell’armonia.
Ueno, che ha studiato arte a San Francisco, dichiara la sua predilezione per gli artisti del passato, primo fra tutti
Salvador Dalí. Ma le citazioni abbracciano anche un arco temporale più esteso, come in
Sisters, dove l’ispirazione è l’anonimo pittore della Scuola di Fontainebleau che, alla fine del XVI secolo, ha dipinto
Il bagno di Gabrielle d’Estrée con la sorella, duchessa di Villars, conservato al Louvre.
Le due sorelle in stile manga hanno la stessa posa di quelle dell’opera più antica, ma nella tela dell’artista giapponese ci sono anche altri riferimenti.
Intanto l’omaggio ad Anna Frank (la verosimiglianza del ritratto è straordinaria), che per il suo coraggio e la vitalità è considerata dall’autore il mito per eccellenza, poi alla genetica -esemplificata dalle lettere a, t, g, c (e dall’omonimo ideogramma inventato ad uopo), la cui combinazione è la base del Dna-, infine dal simbolo dell’infinito, rappresentato da quell’8 orizzontale che maneggia, con estrema delicatezza, una delle due fanciulle.